Paolo Miotto
Palazzo Morosini a Sant'Anna Morosina
Il palazzo fu certamente costruito in un lungo periodo, come testimoniano le presenze di artisti famosi come il Dorigny, il Liberi e i suoi collaboratori, fra i quali Giacomo Alboresi che muore a Bologna nel 1677 o meno famosi come Melchioro Melchiori. Nello stesso periodo, stando a una lapide del 1678, risale l’ultimazione delle opere pittoriche presenti nella chiesa parrocchiale. La famosa incisione del Desbois, tratta da un disegno del Cochin che reca la data 1683, ne è una conferma. Una data, quest’ultima, che consacra l’affermazione politica ed economica del patrizio veneziano e che anticipa di un paio d’anni la definitiva consacrazione del Morosini, grazie alla riuscita missione diplomatica in Polonia contro i turchi.
Angelo Morosini non risparmiò la vecchia dimora degli antenati, la ricostruì dalle fondamenta con forme e dimensioni nobilitate. Sulle rive del Tergola edificò il suo piccolo regno e profuse ben 50.000 ducati in Fabbriche nel Palazzo di S. Anna, Granari, Caneve, fenili, Edifizj da seta, da pillar risi, Risare Fabbriche di Case, e Botteghe nella Piazza, 6 altre Rurali per Colloni: un elenco di edifici che si materializza nei numerosi rilievi cartografici rimasti e soprattutto nella celebre stampa del 1683.
da una incisione di M. Desbois del 1683.
Posto nel cuore stesso della contea, il palazzo è concepito come punto di incrocio fra le tre strade esistenti e il fiume Tergola, quasi a ricreare uno scorcio di Venezia.
Lo scenario è magistralmente studiato. Il visitatore giunge da nord e percorre il lungo viale alberato dello stradone Morosini, corrispondente all’attuale Via Montegrappa. Entra all’improvviso nella grande piazza: dall’ombra degli alberi all’intenso riverbero della luce, da un percorso angusto ad una scenografia regale. Al centro campeggia la fontana sormontata dalla statua di S. Michele arcangelo, eretta nel 1680; sui due lati si prolungano simmetricamente edifici e portici, dove ferve la laboriosa vita quotidiana di artigiani, mercanti e liberi professionisti. Oltre la fontana s’innalza, imponente, il palazzo sormontato dal timpano triangolare e dal pinnacolo, con ai lati due ampi edifici delimitati da torreselle. Sul lato meridionale, l’unico visibile nell’incisione del Desbois, una loggia, strutturata a porticato di sei colonne, sorregge il timpano. La grandiosa scalinata conduce alla seconda fontana, posta nel tratto iniziale di un maestoso viale con giardini rettangolari, sagomati con basse siepi e piante di bosso su ambo i lati. Oltre le siepi un brolo a perdita d’occhio: alberi di varie specie, distribuiti secondo precisi disegni geometrici, folti pergolati e duplici filari d’alberi. Sul viale centrale, a distanze regolari, leggiadri piedistalli sorreggono vasi e statue; al centro si stacca la statua del Tempo, con orologio solare, a ritmare i momenti della giornata. A meridione, in recinti e voliere, vivono in libertà uccelli esotici, struzzi e cammelli. Al limitare del parco, quasi sulla riva del Tergola, una grande peschiera, divisa in due settori, devia il corso d’acqua per ricavare un isolotto artificiale dotato di padiglione a cupola per i banchetti e la musica all’aperto.
Il palazzo è il baricentro attorno al quale è organizzata tutta la vita del villaggio di Sant’Anna: la chiesa parrocchiale, le botteghe artigianali e commerciali, le attività molitorie e risicole. Si può dire che Palazzo Morosini rappresenta simbolicamente e concretamente il centro del potere che la famiglia esercita non solo sul contado, ma su tutto il territorio controllato.
La perizia ipotecaria, predisposta dalla provincia di Treviso nel 1820, consente di avere un quadro abbastanza preciso delle dimensioni e del numero dei vani dell’immobile. Il palazzo era lungo 71,40 ml, largo 18,56 e alto 19,63. Era disposto su tre piani con due facciate ordinate e orientate nord-sud. Il piano terra, o piano nobile, era caratterizzato da grandi saloni di ricevimento e intrattenimento. Il primo piano aveva due logge aperte nella sezione centrale. Le sedici camere e i tinelli erano tutti ad uso padronale. Il secondo piano, privo di solai, era riservato agli ospiti e alla servitù con sette camere e vari camerini. Varie aperture delle canne fumarie di sei caminetti assicuravano il riscaldamento dei tre piani. Tutt’intorno al palazzo, con esclusione del versante settentrionale, si estendevano il vasto giardino, l’agrumeto con 126 piante, il frutteto, gli orti, la piantagione di gelsomino da profumo con 2.000 piante, il tutto racchiuso da mura di cinta.
Nel settore orientale del palazzo si trovavano le scuderie, le residenze del gastaldo, del cappellano, la canonica, la chiesa, il cimitero; nella piazza a imbuto negozi e botteghe al piano terra e abitazioni al livello superiore.
Il palazzo era stato affrescato negli anni ’70 del Seicento da Pietro Liberi e Louis Dorigny, i quali, oltre a decorare la chiesa, avevano affrescato vasti lacerti della facciata del palazzo, due cappelle e una sala della torre dell’edificio.
Il giardino all’italiana sopravvisse fino alla prima metà dell’Ottocento. Il palazzo fu demolito nel periodo compreso fra il 1868 e la fine dell’800, come si desume dalla cartografia rimasta.
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