Paolo Miotto
L’antico capitello della B. V. in località Restello di Abbazia Pisani (PD)
L’antico capitello della B. V. in località Restello di Abbazia Pisani (PD)
Il Capitello sorge sul confine fra Via Restello e Via Montegrappa, già contrada della Lucchetta, sul confine fra i territori di Abbazia Pisani, Onara e Sant’Anna Morosina. E’ stato eretto in epoca imprecisata, ma sicuramente prima del ‘600, con la funzione di delimitare i confini fra le tre contee godute dai Morosini, dai Cittadella e dai Capodilista. A innalzarlo o restaurarlo per la prima furono i nobili padovani Capodilista nell’antica località detta Bastia, trasformata dopo la metà del ‘400 nel Restello (luogo recintato) proprio da questa nobile famiglia. Giunti ad Abbazia Pisani col primo abate commendatario Antonio Capodilista, vi rimasero fino alla fine dell’Ottocento.
E’ proprio un documento estimativo di Camillo Capodilista del 1627 a menzionare per la prima volta il sacello mariano che aveva conferito il nome al luogo dove sorgeva: la Contrada del Capitello. La prima rappresentazione dell’edicola sacra nella cartografia appare in un affresco settecentesco di Palazzo Capodilista di Montecchia e, in seguito, in qualche mappa catastale del XIX secolo.
Certo è che dopo la dipartita degli Emo-Capodilista dal comune di Villa del Conte, il capitello cadde in rovina. Le proprietà Emo-Capodilista furono divise e la quota parte del Restello con i terreni adiacenti, passarono agli Antonello detti Beò di San Martino di Lupari e successivamente agli affittuari Ballan e Tonietto. Trovandosi nelle proprietà acquisite dai Ballan, all’inizio del Novecento il manufatto fu restaurato e trasformato in cappellina privata dalla famiglia di Giovanni Ballan che pensò di dedicarlo alla Madonna di Lourdes, con l’inserimento nell’edicola di una grotta di gesso. A ricordo dell’intervento conservativo, il Ballan fece dipingere all’interno del timpano triangolare il proprio nome: Giovanni Ballan.
Una quarantina d’anni dopo il capitello era nuovamente in rovina, mentre i discendenti di Giovanni nel frattempo si erano trasferiti a Verona. Le famiglie della contrada proposero al curato Don Pietro Andreatta di restaurarlo a loro spese, ma i Ballan veronesi si opposero alla decisione recuperando l’edicola sacra di tasca propria affinché nessuno osasse cancellare dal fronte l’iscrizione Balan Giovanni.
Il nuovo restauro del 1940 porta alla modifica dell’iscrizione dipinta nel frontone come segue: B. V. di Lourdes Ballan Antonio e tale rimase, seppur sbiadita dal tempo, fino al recente restauro del 2011, quando la dicitura fu cambiata in B. V. di Lourdes Famiglia Ballan volendo ricordare i trascorsi storici e gli attuali benefattori Genesio e Giuseppe Ballan.
Nella notte fra il 17 e il 18 agosto 1960 accadde un fatto increscioso. Ignoti trafugarono la statua di gesso della Madonna di Lourdes, alta circa un metro, senza asportare la statua ancora presente di Bernardette Soubirous. Ogni tentativo di rintracciarla fu invano.
Il capitello rimase lungo il ciglio stradale fino al 2000 quando, per interessamento dello scrivente e delle autorità comunali, fu spostato dove si trova tuttora in seguito all’allargamento della carreggiata stradale e della pista ciclabile.
Nel biennio 2010-2011 il capitello è stato sottoposto a un radicale restauro conservando la vecchia titolazione, con la supervisione della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici del Veneto orientale.
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Il capitello mariano durante i restauri del 2010. |
Note artistiche
In origine il capitello era dedicato alla Madonna, durante la demolizione della grotta di gesso del primo Novecento sono emerse labili tracce di un affresco di impronta cinquecentesca a sanguigna rossa che rappresentano la Vergine seduta in trono e in braccio il figlio col mondo nella mano destra e la sinistra benedicente. Tutta la cupola era affrescata con motivi floreali rossi e arancioni cosparsi da fogliame e vegetazione verde.
Con l’introduzione del culto della B. V. di Lourdes, i Ballan all’inizio del XX secolo hanno inserito una grotta grigia gessata e fissata su tela di juta. Al suo interno era stata introdotta la statua in gesso trafugata nel 1960 e collocata sulla mensola dell’altare la piccola statua inginocchiata di Bernardette. Dopo l’ultimo restauro è stata eliminata la grotta e sullo sfondo è stata dipinta con tonalità calde la Soubirous; sopra l’altare, a destra, si trova la statua di gesso della Vergine, acquistata dopo il 1960, e a sinistra la vecchia statua policroma della veggente fatta dello stesso materiale. Dell’antico capitello sono state conservate anche l’antica mattonella artistica posta sul pavimento di fronte l’altare e un piccolo quadro lasciato dalla famiglia Ferraro che contiene la benedizione scritta dall’arcivescovo trevigiano Egidio Negrin, datata 1 maggio 1957, e un ex voto di fattura ottocentesca.
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