venerdì 1 luglio 2011

Paolo Miotto
La contrastata relazione fra il nobile Boneto da Campretto
e la concubina Caterina Bossina
da C. Miotto, P. Miotto, Campretto. Storia di un territorio e della sua antica comunità,
San Martino di Lupari 1997, pp. 314-382.



    Come era già avvenuto alla fine del Duecento, anche agli esordi del XVI secolo la famiglia da Campretto è costretta a gestire problemi di natura ereditaria per determinare a chi spettasse l’asse ereditario conteso fra i due rami della famiglia.[1]
    La nascita del figlio “bastardus” generato dalla relazione segreta fra Bonetto III e la sua domestica Caterina non è ben accetta per ovvi motivi di prestigio familiare e soprattutto perché mette a repentaglio la pingue eredità del casato. Nel 1474 dalla relazione clandestina fra i due nasce Cristoforo II, che sarà costretto per oltre vent’anni a rivendicare le proprie ragioni dinastiche, dividerà in modo definitivo il ramo trevigiano dei da Campretto, rappresentato dai figli del defunto chirurgo Antonio Francesco I e dalla vedova Elisabetta, e quello di Sant’Andrea Oltre Muson proprio di Cristoforo II.

    L’accusa

      I testimoni dell’accusa contestavano a Cristoforo i seguenti capi d’imputazione: a) di essere l’unico figlio di Boneto III, ma nato da una relazione licenziosa e illecita fra suo padre e la concubina Caterina la Bossina; b) di avere per madre concubina che il padrone non avrebbe mai sposato; c) di essere figlio certo di Caterina, ma incerto di Boneto perché la madre nello stesso periodo frequentava molti altri uomini; d) di essere stato riconosciuto per figlio da Giorgio Sclabono da Monastiero col quale sua madre era andata a vivere; e) di non essere stato riconosciuto da Boneto perché dopo la nascita di Cristoforo sposò Meolda de Cesirati da S. Andrea O/M e la condusse a Treviso, dove i due sposi vissero per vari anni; f) di non poter disporre dell’eredità di Bonetto perché dopo la morte di quest’ultimo a Treviso perché la vedova Meolda rimase nella casa del marito situata nella contrada di S. Maria Maggiore fino alla sua morte; g) pertanto Cristoforo "fuit et est incapax" di trattenere per sé l'eredità derivatagli da Boneto, che era il risultato delle precedenti donazioni ereditarie degli antenati Vendrame II il postumo e Oliviero III, che spettava di diritto alla vedova in quanto legittimi discendenti dei da Campretto.

    La difesa

  Cristoforo II controbatteva alla zia trevigiana e ai cugini difendendosi di fronte al legato pontificio interpellato per l’occasione con le seguenti affermazioni: 1) il padre Boneto da buon "laicus tarvisinus" aveva conosciuto Caterina tenendola in casa propria perché la "diligebat et amabat"; 2) Caterina fu reputata e ritenuta da tutti come domestica di suo padre a S. Andrea O/M e non come una meretrice; 3) tutti in paese sapevano che Boneto provava "maximo amore" per Caterina; 4) era pubblicamente risaputo che la donna rimase incinta per opera di Boneto e che nacque Cristoforo; 5) a S. Andrea O/M questi fatti erano di opinione pubblica; 6) mentre Caterina era incinta, Boneto in più occasioni e di fronte a varie persone le aveva promesso di sposarla; 7) una sera, alla presenza del presbitero Andrea, allora rettore della chiesa parrocchiale di S. Andrea O/M, Catterina pianse amaramente essendo "pregnante […] et utero tumefacente"; 8) in quella circostanza il presbitero le chiese il motivo di quelle lacrime amare e Caterina rispose "Jo piango et son de mala voglia perché io son grossa (= incinta) de messer Boneto, et sto como mi vedeti, lui mi ha promesso de sposar et traterme da honor, aciò et la creatura che nascera sia legitima, e che per l'avenire et lei et mi non siamo astraciati et malmenati da soi fradelli, e tamen non fa mai niente"; 9) quelle lacrime e quelle parole furono proferite alla presenza di Boneto; 10) Boneto alla presenza del presbitero Andrea e di altri testimoni degni di fede promise che presto avrebbe sposato Caterina; 11) il presbitero Andrea in qualità di padre spirituale di entrambi esortò Boneto a sposare in breve tempo Caterina per legittimare la prole, per salvare l'onore della concubina e "pro salute animae suae"; 12) Boneto mantenendo fede alle promesse fatte e "amore ductus" per Caterina la sposò di fronte al presbitero Andrea e altri testimoni convenuti "pro annuli impositione digito annulari"; 13) il rito matrimoniale fu effettuato secondo il rito di Santa Romana Chiesa e in modo ufficiale; 14) il presbitero Andrea, oltre ad aver celebrato le nozze, funse anche da testimone alla consegna dell’anello di entrambi; 15) la notizia dell'avvenuto matrimonio si sparse per tutto il paese di S. Andrea e anche in quelli vicini; 16) dopo qualche tempo Cristoforo nacque nella casa paterna a S. Andrea e non in quella di Monastiero; 17) appena risaputa la notizia del matrimonio, il fratello Vendrame III si arrabbiò moltissimo e minacciò di uccidere entrambi i coniugi non appena ne avesse avuta l'occasione; 18) Boneto era un uomo semplice e timido mentre Vendrame era "vir sagax et astutas"; 19) impaurito dalle minacce del fratello, Boneto comandò alla moglie di nascondere l'anello nuziale fino al tempo in cui si sarebbero divisi i beni in comune fra i due fratelli (cioè quelli derivati dai lasciti testamentari di Vendrame II il postumo e di Oliviero III) che erano gestiti in comunione fra Boneto e Vendrame; 20) Caterina obbedendo all'ordine del marito nascose l'anello; 21) ogni volta che Vendrame o i suoi fratelli giungevano a S. Andrea, Caterina per paura doveva nascondersi nelle abitazioni dei vicini e occultare l'anello nuziale perché Vendrame la cercava per ucciderla; 22) Caterina per ingannare i fratelli di Boneto fu progressivamente costretta contro sua volontà a frequentare vari uomini del circondario e per questo si lamentava spesso con Boneto proferendo le seguenti parole: "che vol dir questo che non debba portar l'anelo, et me deba andar a sconder ogni tanto, ne ricever marito (come) se non fosse vostra mogier" e Boneto le rispondeva: "non importa questo, a ogni modo tu è mia mogier ma questo se fa per schivar scandalo e viver in pase"; 23) Cristoforo fu educato dalla madre in casa del padre; 24) Boneto e la consorte, interrogati da varie persone e in più occasioni sulla legittimità di Cristoforo, risposero sempre che egli era loro figlio legittimo e naturale; 25) tutti i fatti sopra elencati erano risaputi pubblicamente tanto a S. Andrea O/M e nei paesi vicini.

    Il compromesso conclusivo del 1530

    Trascorsi molti anni nei tribunali e confidando sul decesso prematuro di Cristoforo, i cugini di Cristoforo alla fine convennero a un compromesso a loro favorevole, lasciando in disparte i testimoni, i giudici, i tribunali e gli ingranaggi della troppo costosa macchina processuale.
    Radunati attorno ad un tavolo, il 2 aprile del 1530, con la mediazione degli arbitri Baldassare Severino e Michele Pegulato delegati dal vicario del patriarca di Venezia Cesare Baccone su istanza presentata dallo stesso presule Girolamo Quirini, le parti in lizza discussero i termini della vertenza raggiungendo un accordo sottoscritto dalle parti.
    Cristoforo era riconosciuto figlio legittimo di Boneto, ma in cambio doveva dividere in tre parti la sua quota di eredità trattenendo per sé due porzioni e cedendo per nove mesi l’anno i proventi della terza ai cugini Ortensio e Francesco. Quest'ultimi promettevano di cedere a Cristoforo la terza parte del vino prodotto nei loro vigneti. La frazione di terreni che Cristoforo doveva assoggettare ai nipoti per la maggior parte dell'anno era costituita da appezzamenti coltivati ad alberi che questi aveva ereditato nel territorio trevigiano e sui quali era stata imposta una fideiussione cautelativa affinché non potessero essere per alcun motivo alienati, ceduti o venduti da nessuno dei tre da Campretto.

[1] Il saggio è una breve sintesi delle vicende della famiglia da Campretto pubblicate in C. Miotto, P. Miotto, Campretto. Storia di un territorio e della sua antica comunità, San Martino di Lupari 1997, pp. 314-382.


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