LETTERA
Al Chiarissimo Signor Marchese
ANTONIO CARLO DONDI-OROLOGIO
Socio di molte Illustri Accademie
Sui risulti della piantagione del Formento.
P. Giovambattista da S. Martino, Opere, Tomo I, Venezia 1791, pag. 149-160
(già pubblicata in Opuscoli scelti sulle Scienze e sulle Arti, Tomo XI 1788, pag. 252-258)
Major utrum populum Frumenti copia pascat.*
Horat. Lib. I Epist. 15, vers. 14
La lenta febbriciattola, onde in quest'anno fui per lungo tempo assalito, è il motivo per cui eruditissimo mio Signore, non avendomi potuto strappare ai piccoli oggetti, mi trovo affatto sprovveduto d'ogni letterario lavoro, il quale umiliato al merito vostro sopragrande in tenue contrassegno della mia gratitudine potesse meno sdicevolmente comparire sotto a' riflessi vostri giudiziosi. Il ragguaglio non pertanto dei risultati della piantagione del formento, eseguita secondo il metodo, che due anni sono ho presentato a quest'Accademia di Agricoltura, e di Commercio di Vicenza, sarà, mi lusingo, da voi benignamente accolto, come quello, che può sommamente interessare l'umanità, e che non sembra gran fatto alieno da quello studio della Natura, che forma l'occupazione gradita degli esseri privilegiati a voi pari.
Quantunque alle picciole prove non corrispondano per l'ordinario con esito egualmente felice le sperienze ripetute in grande, attesoché un casuale concorso di mille favorevoli circostanze può dare talvolta la più bella riuscita ad una semplice prova, la quale poscia amplificata, ed estesa viene ad incontrare ad ogni passo degli ostacoli, e a rendere quindi deluse le nostre speranze; pure a questa sciagura non sembra aver dovuto soccombere i miei sperimenti primieri intorno alla piantagione del formento. Non sì tosto ne avanzai la notizia al pubblico, che molti si affrettarono a ripeterne le prove; il numero degli sperimentatori crebbe a dismisura; una spezie di entusiasmo si diffuse fra gli Agricoltori filosofi; la Nazione rimase elettrizzata; io stesso non mancai di assecondare le benefiche mire della Patria; ed ecco il risultato di varie sperienze sì mie, che de' miei amici, che me ne diedero contezza.
Per uno spirito di osservazione assai meglio, che per effetto di mal conceputo interesse, entro una porzione di terreno dell'estensione di 28 tavole, che formano la trentesima parte di un campo Vicentino, senza averlo prima concimato, fin dal dì 27 Luglio 1787 feci piantare de' cavoli verdi, detti volgarmente verze, alla distanza di un piede, e mezzo per ogni lato. Indi il dì 4 Settembre tra un cavolo e l'altro alla profondità di due pollici posi in ciascun buco due grani di formento, che il giorno precedente avea preparato con l'infusione della calce, descritta nella mia Memoria, cioè, nella proporzione di un'oncia di calce per ogni libbra di acqua, con l'aggiunta di altrettanta fuliggine di cammino quanto era la calce, lasciando il formento in detta infusione per sole 12 ore. Otto giorni appresso il formento era tutto bello, e nato; ma non può esprimersi di quanto pregiudizio sia stato l'averlo piantato per entro a' cavoli. Questi con le loro foglie laterali ampie, ed estese il tennero mai sempre ricoperto; sicché dal suo primo apparire fino al sopravegnente Inverno apparve sempre tinto d'un colore pallido, giallognolo, e smorto. Finito il disastro de' cavoli, sopraggiunsero le innondazioni del vicino fiume per ben tre volte replicate, onde rimase il formento lungamente sott'acqua. Verso la fine di Aprile diedi ordine, che il mio formento fosse purgato dall'erbe, e rincalzato, come suol praticarsi col maiz. Ma non potendo io, a motivo della febbre, soprasiedere al lavoro, il bifolco, che fa tutto al rovescio, si contentò di liberarlo dall'erbe senza punto rincalzarlo. Con tutti questi disavvantaggi, che io rimarco di una massima conseguenza, il formento maturò a suo tempo, fu di una bellezza sorprendente, era quasi al doppio più grosso dell'ordinario, e ne raccolsi uno stajo Vicentino, che viene ad essere in relazione di 30 staja per campo, perché come tavole ventotto ad uno stajo, così tavole ottocento quaranta, che formano un campo Vicentino, a staja trenta; avendo impiegato nella piantagione poco più di due oncie di semente. Ogni ragione ci persuade, che se la piantagione non fosse stata soggetta a tutti gl'inconvenienti, che ho qui mentovati, il prodotto sarebbe stato sicuramente al doppio, cioè di staja 60 per campo.
Il Signor Dottor Antonio Turra, personaggio di un genio deciso per l'Agricoltura, e Secretario della nostra Accademia, in sette tavole di terreno montuoso, senza aver fatto uso di letame, piantò da 260 grani di formento con la sola preparazione dell'acqua di letame, e di calce alla distanza di un piede, e alla profondità di due in tre dita. Nell'Aprile lo fece zappare, e un poco interrare, ed a tempo suo raccolse due quartajuoli colmi di bellissimo grano; il qual prodotto è in ragione di staja 15 per ogni campo; ma conviene aver riflesso alla qualità del terreno, che ha scelto per le sue osservazioni, vale a dire, de' più sterili, ed incolti, da cui pochissimo è il raccolto, che ne suole ritrarre.
Da Valmareno mi si rende conto, che con due oncie di formento, piantato secondo il mio metodo in 40 tavole di terreno, a fronte di essere stato gittato a terra dal vento, ed in parte perduto, si ricavarono sei calvèe di prodotto. La Calvèa di quella giurisdizione è di venti libbre alla grossa. Quindi essendo uno stajo di libbre 44, il prodotto va in relazione di staja 57 per campo vicentino.
Il diligentissimo, ed esperto Signor Dottor Giovanni Gironcoli, Medico assai rinomato di Capodistria, il dì 21 Agosto 1787 in 44 piedi di terreno piantò grani 30 di formento, regolandosi in tutto il rimanente secondo il metodo della mia coltivazione. Ebbe la benignità di spedirmi la tavola, che pongo alla fine di questa Lettera, dalla quale con tutta precisione si raccoglie quale fosse il risultato della sua sperienza. La prima serie di questa tavola contiene il numero de' 30 grani piantati; la seconda indica il numero delle spiche prodotte da ciascun grano di semente; e la terza rappresenta il numero de' grani contenuti nelle medesime spiche. Per esempio al num. 4 della prima serie corrisponde nella seconda 144, ch'è il numero delle spiche prodotte dal grano piantato al numero quarto; e nella terza serie colà dirimpetto abbiamo il numero de' grani raccolti da dette spiche, cioè, 3228. La somma totale delle spiche fu di 2429, e quella de' grani raccolti 64155. Sicché computando 650 grani per ogni oncia, il prodotto è in ragione di libbre 3706, ossia, di staja 84 per campo.
Il Signor Dottor Giuseppe Tassoni Accademico nostro Vicentino in un suo podere di Brendola di fondo montuoso, e ghiajoso dell'estensione di 380 tavole, alla metà di Ottobre dello stesso anno 1787 piantò due libbre in circa di formento, infuso prima nella calce, in distanza di 8 pollici da un buco all'altro. Alla metà di Aprile il fece zappare. Le spiche erano da 20 fino a 32 per ogni cespuglio. Il raccolto, oltre al risparmio della semenza, fu di staja 9 e un quarto cioè, in relazione di staja 20 crescenti per campo; mentre in un altro campo contiguo di 840 pertiche, seminato alla maniera consueta, il prodotto fu di staja 12.
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Campo di grano |
Questo metodo, illustre mio Corrispondente, è atto senza dubbio a risvegliar le nostre speranze; mercecché il prodotto, che se ne ritrae, preso in pieno calcolo, supera sempre di molto il prodotto ordinario; contuttociò, dobbiam confessarlo, egli è tuttavia lontano dalla sua perfezione, né vi giugnerà probabilmente che dopo un tempo assai lungo. Frattanto ho avuta l'occasione di farvi alcune riflessioni, che sottopongo al purgatissimo vostro giudizio, e secondo le quali invito tutti i zelatori del pubblico bene a diriggere le proprie sperienze.
Oltre a mantenere la semente in istato di perfetta siccità fino al tempo di consegnarla al terreno, non deesi per verun modo trascurare neppur l'uso della calce, nell'infusione, che ne precede la piantagione, quando non si voglia contravvenire al comune consenso de' pratici dal tempo de' primi Agricoltori Romani fino a' nostri giorni. Con questo mezzo; quando si adoperi la calce in una dose discreta, e quando non si lasci il grano entro l'infusione più del tempo conveniente, acquista esso maggior forza, e vigore, si preserva dal carbone, e si rende atto a difendersi dai perniziosi attacchi della nebbia. Non che la calce debba riguardarsi come uno specifico particolare contro questa malattia; essa non vi opera che solo indirettamente; essa contribuisce a rendere più vegeta, e robusta la pianta; e le piante più vegete, e robuste sono meno soggette alla nebbiosa infezione. Mi si opporrà che il peritissimo, e celebre Signor Dottor Jacopo Ambrogio Tartini di Firenze avendo consegnate all'infusione della calce staja uno, e mezzo di ottimi ceci bianchi per far loro scappar la nebbia, indi seminati in tre diversi poderi, non ne nacque una sola pianta, e così venne a perdere i suoi buonissimi ceci[1], per la qual perdita altamente me ne duole. Ma oltr'a che egli stesso, da quel saggio, ed avveduto filosofo, ch'egli è, giudiziosamente ci avverte non doversi fare alcun caso di una sola prova isolata, e disgiunta, e quindi, che va ripetuta la ricetta, io ho altresì l'onore di aggiungere, che per non cadere in errore dobbiamo assolutamente guardarci dall'argomento di analogia. Mi spiego. Una specie di pianta alligna in un dato terreno; dunque vi alligneranno tutte le altre specie. Il mercurio amalgama l'oro, il piombo l'argento; dunque è atto ad amalgamare tutti i metalli. Tagliata la testa alle lumache, essa la riproducono; quindi si tagli anche quella del cane, dell'usignolo, del bue, ch'essi pure la riprodurrano. La illazione non può essere più incongruente, né più falsa. Con la serie di molte sperienza io ho conosciuto, che l'uso della calce è vantaggiosissimo all'orzo, alle rape, alla segala, al tabacco, al formento; dunque gioverà ad ogni altro genere di semenza. La conseguenza non tiene: anzi con altrettante prove dirette mi sono accertato, che il maiz, le fave, i fagiuoli, i ceci, i piselli con l'infusione della calce ordinariamente non nascono. Quale dunque sarà la regola da seguirsi in pratica? Quella di non servirsi mai dell'analogia; quella di non conchiudere da un fatto all'altro; quella di sperimentare ciascuna specie di semente in particolare, ed in poca quantità, prima di azzardarsi a fare uso della calce in una maggior dose di semi.
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Nei campi di frumento in Gennevilliers, B. Morisot 1875 |
L'osservazione mi fece altresì rimarcare, che anche ne' terreni più forti la distanza di un piede e mezzo da un grano all'altro è troppo eccedente. Imperciocché avendo posto a formento una porzione di terreno con la sola distanza di un piede, il prodotto fu uguale a quello ove la distanza era di un piede e mezzo. Ottimo consiglio sarà altresì il porre tre, o quattro grani di semente per ogni buco, col riflesso che andandone a male alcuno, come spesso succede, ve ne restino sempre degli altri; poiché nel caso anche che tutti abbiano a germogliare, recano sempre vantaggio, e non pregiudizio. Sul supposto dunque che si pongano quattro grani di formento per buco alla distanza di un solo piede, la quale distanza ne' terreni sterili dovrà essere ancora minore, si verrà ad impiegare sei quartajuoli, ossia quindici libbre in circa di semenza per ogni campo con la fiducia d'un ricolto eccedentemente maggiore del consueto. Ebbi occasione altresì di avvertire, che quanto meno profondo si colloca il formento entro al terreno, tanto più facilmente ei nasce, a condizione però, che non sia tanto superficialmente seminato, che corra pericolo o di essere dissecato dal Sole, o divorato dagli uccelli. La profondità più conveniente mi ha sembrato essere quella di mezzo pollice.
Ad oggetto pertanto di fissare un punto meno incerto alla varietà, di cui è suscettibile questo metodo; per conoscere il termine più lucroso, fin dove può essere spinto; per risparmiare all'intera popolazione molti esperimenti, e molte prove, ch'essa dovrebbe intraprendere a proprie spese, ho conceputi i più esatti, e rigorosi confronti, che in varie parti verranno intrapresi, ed eseguiti da parecchi de' miei amici. Dovranno questi consistere nel piantare il formento a varj tempi, cioè, al principio, e alla metà di Settembre, siccome pure al principio, e alla metà di Ottobre; nel collocare i semi a differenti distanze, come sarebbe di tre, di sei, di nove, e di dodici pollici; nel porre nei medesimi buchi diverso numero di grani da uno fino a sei; nel fare uso tanto di semenza preparata con la calce, quanto di quella che non fu così preparata; confrontando poi il tutto col prodotto dell'ordinaria, e consueta seminagione. Il criterio vostro profondo conoscerà, mio Signore, la necessità, e l'importanza di queste complicate ricerche: saranno esse il fondamento di tutte le idee, che di mano in mano andremo sviluppando; ci serviranno di grado intermezzo per superare l'immensa distanza fra la miseria e l'opulenza; e dopo le fermentazioni dell'umano interesse ci guideranno a quegli oggetti, che sono troppo essenziali all'organizzazione, e alla politica esistenza dello Stato.
Pieno di gratitudine, di venerazione, di ossequio ho l'onore di essere, ec. ec. ec.
Tavola della piantagione del Formento fatta in Capodistria, e del prodotto di essa | ||||||
Num. de' Gr. piant. | Num. delle spiche | Num. de' Gr. raccol. | Num. de' Gr. piant. | Num. delle spiche | Num. de' Gr. raccol. | |
1 | 52 | 2.408 | 16 | 75 | 2.100 | |
2 | 52 | 1.780 | 17 | 50 | 1.155 | |
3 | 105 | 1.488 | 18 | 54 | 978 | |
4 | 144 | 3.228 | 19 | 39 | 1.986 | |
5 | 62 | 2.870 | 20 | 80 | 2.846 | |
6 | 140 | 2.008 | 21 | 102 | 2.684 | |
7 | 73 | 672 | 22 | 70 | 1.684 | |
8 | 82 | 2.640 | 23 | 25 | 1.728 | |
9 | 78 | 2.710 | 24 | 72 | 2.466 | |
10 | 108 | 2.501 | 25 | 75 | 1.024 | |
11 | 86 | 3.182 | 26 | 68 | 2.376 | |
12 | 74 | 2.668 | 27 | 89 | 2.297 | |
13 | 78 | 3.200 | 28 | 73 | 2.406 | |
14 | 54 | 1.304 | 29 | 87 | 2.476 | |
15 | 78 | 1.255 | 30 | 104 | 2.035 | |
Summa totale | 30 | 2.429* | 64.155 |
* “Quale sia dei due paesi più ricco di granaglie”, Orazio, Epistole Libro I, XV 14, versione Tito Calamarino.
[1] Magazzino Georg. Dell'anno 1788 pag 144.
* Dalla somma risulta che le spiche sono 2329 e non 2429, come indicato.
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