LETTERA
all’Eruditissimo Signor Abate
D. CARLO AMORETTI
Membro di molte Accademie,
e Secretario perpetuo della Real Società Patriotica di Milano
Sulla maniera di liberarsi dalla molestia delle ZANZARE.
P. Giovambattista da S. Martino
Opere, Tomo I, Pag. 112-121
... Mali culices, ranaeque palustres
avertunt somnos.*
Horat. Satyr. Vers. 14-15
Vicenza il dì 26 Ottobre 1787
Fin dallo scorso Maggio, onde mi recai il piacere di farvi, gentilissimo mio Signore, una visita di genio in Milano, voi aveste la benignità d’interrogarmi a quali fisiche ricerche io mi tenga per lo più occupato. Ho l’onore di assicurarvi, che con preferenza trascelgo sempre quegli oggetti, da’ quali spero qualche vantaggio dover ridondare a’ miei simili. Io mi terrei il più felice fra li uomini, qualor mi riuscisse di rendere gli uomini in qualche parte meno infelici. Da pochi giorni in qua ho apparata l’arte del cacciatore, ma non altro, che di sole Zanzare. Vedendo tratto tratto quegli esseri sociali della mia specie, che abitano luoghi bassi, umidi, paludosi, o in vicinanza alle risaje, fieramente contraffatti dalle punture di tai molestissimi insetti, allo spettacolo commovente concepiva tosto l’idea di un salutevole ostracismo[1]: una felice combinazione me ne presentò l’opportunità: uno stormo di questi minimi viventi si arrischiarono in quest’anno di prendere quartiere entro alla mia stessa abitazione; le prove, che intrapresi per discacciarneli, mi riuscirono perfettamente. Ed eccoci in succinto il metodo, che ho tenuto.
A cagione di alcuni esperimenti di tutt’altro genere, e per tutt’altro fine eseguiti, ho dovuto conservare a lungo varj recipienti di acqua putrida. Ecco un mezzo de’ più efficaci per vedersi sorgere allo ‘ntorno una serie non interrotta di successive generazioni di questi fecondissimi animalucci[2]: il disturbo non per tanto, che di giorno, e notte continuamente mi recavano, era ricompensato dal piacere di mettere in esecuzione il mio disegno. Sapeva, che l’immortale Reaumur aveva suggerito a chi bramato avesse esercitarsi in questo genere di esperimenti, di osservare con tutta l’attenzione a quai vegetabili ricusassero di appoggiarsi le Zanzare; e indi con l’infusione, o con le foglie stesse delle piante medesime aspargerne la stanza per vedere se da essa prendessero congedo. Questo mezzo, tuttoché giudiziosamente concepito, pure in pratica dovea riuscire molto tedioso, imbarazzante, e prolisso. Per me fu d’un grande risparmio il sapere, che varie maniere d’insetti serbano la proprietà d’essere ossifobi, vale a dire, che hanno avversione alle cose acide: sicché mi restava solo ad indagare, se le Zanzare appartenessero, o no, a questo rango. Per chiarirmene del tutto, cominciai dall’intingere leggermente ad uno ad uno parecchi di questi piccoli violatili con un dito immerso prima nell’aceto: e vidi, che pochi momenti appresso tutti se ne morivano: il che non accadeva quando stava bagnandoli con acqua semplice, o con altro liquore, che non fosse acido[3].
Seguendo questo principio, mi sono costruita un’Eolipila di vetro, consistente in una di quelle rotonde, e sottili boccettine, che si soffiano alla fornace, di due in tre pollici di diametro. La riempii a due terzi di ottimo aceto; indi la otturai fortemente con sughero, facendo passare per mezzo al sughero stesso un tubo di vetro della lunghezza di due in tre pollici, e del diametro di due linee, o circa; assottigliando poscia alla lampada l’estremità superiore del medesimo tubo in guisa, che il foro ivi ne divenisse molto più angusto, cioè; di mezza linea per un di presso. Ma siccome non tutti hanno la comodità di poter sempre avere di questi tubi di vetro, né tutti sanno la maniera di assottigliarli alla lampada; così suggerisco un altro mezzo assai più facile, e che può essere a portata d’ognuno. Si prende una penna da scrivere; se ne recide quella sola porzione, ch’è internamente vacua, gittandone via il restante; si netta con un ago da ogn’ingombro il suo foro interno, e s’introduce per mezzo al sovero in guisa, che la estremità più sottile, e più stretta rimanga al di sopra, fuori della boccettina; e la penna in tal modo fa lo stesso effetto, che il tubo di vetro. Collocai in seguito l’Eolipila sopra pochi carboni accesi, entro alla mia stanza[4], la quale dava allora ricetto ad un centinajo per lo meno di Zanzare. Quando l’aceto giunse all’ebollizione, dal piccolo foro del tubo cominciò a sortire un getto gagliardo di vapore che in pochi minuti si sparse per tutta la camera, e nel medesimo tempo le Zanzare si diedero precipitosamente alla fuga, uscendo a sciami dalle finestre. Quelle poi, che furono sì incaute di passare accosto alla viva corrente del vapore, caddero tutte a terra tramortite.
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Zanzara anofele (Anopheles stephensi) |
Voi potete bene immaginarvi, ornatissimo mio Signore, con qual piacere varj giorni di seguito abbia io replicata, e vada tuttavia replicando questa prova, e sempre col medesimo felice riuscimento. Allorché l’aceto entro l’Eolipila è notabilmente diminuito, ho l’avvertenza di levare il turacciolo, di vuotare il residuo, il quale ha perduto molto della sua attività, e di rimettervi nuovo aceto, il che però non è necessario replicare sì di sovente; mentre l’aceto posto una volta entro l’Eolipila basta per varj giorni di seguito. L’esperienza mi riesce più sicura, quando procuro di oscurar la stanza in guisa, che il lume al di fuori sia molto più vivo: il che ottengo facilmente col lasciare una sola finestra mezzo aperta; oppure, se faccio l’operazione di notte, col porre il lume fuori della porta alla distanza di alquanti piedi. Sia poi di giorno, sia di notte, ho sempre l’attenzione, che il lume al di fuori possa esser veduto in qualunque angolo della stanza, affinché le Zanzare infastidite del vapore acetoso, prendano verso lo stesso lume la lor direzione, ed escano più prontamente.
Io non dirò, che l’uso dell’Eolipila si renda indispensabile all’oggetto, cui lo destino. Vi saranno forse degli altri metodi (che io per verità non ho sperimentati), onde conseguire il medesimo intento, o collo spargere dell’aceto sul pavimento, o col farlo bollire entro ad altri recipienti di qualunque anche vasta apertura. Ma io preferirò sempre l’Eolipila, come mezzo il più facile, il più economico, il più spedito d’ogni altro; dacché, quando occorre, si può anche viaggiare con la sua macchinetta in tasca, per servirsene in caso di bisogno.
Oltre al vantaggio principale ch’è quello di liberarsi dall’importunità delle Zanzare, un altro benefizio ne risulta da servirsi a questo fine del vapor dell’aceto, ed è, che il detto vapore lungi dall’essere nocivo, egli è anzi piuttosto a noi salutevole, spandendosi per le nostre abitazioni. A voi è noto, pregiatissimo mio Signore, che secondo le belle, e decisive sperienze del celebre Signor Achard, tra i suffumigj, che sogliono comunemente praticarsi, quello dell’aceto, come il più innocente, merita esser preferito, e come tale dovrebbe esser posto in uso negli Ospitali[5], ed in altri luoghi soggetti all’infezione.
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Eolipila in uso nel Settecento. |
Dopo aver appresa la maniera di difendersi dal disto delle Zanzare, non era mica fuor di proposito, ch’io dessi di passaggio un’occhiata microscopica a quegli organi, pe’ quali si rendono esse a noi cotanto moleste. Il loro fastidioso ronzio, si sa, che proviene dallo stropicciamento delle ale contro il loro corpo, e contro a’ baccini d’aria, che tengono a’ fianchi. Le punture smaniose sono accagionate alla loro tromba. Sottoposi questa tromba al Microscopio di mia costruzione, la osservai con lenti, che ingrandiscono dalle 800 fino alle 4000 volte il diametro dell’oggetto: essa mi parve una delle maraviglie più rare della Natura. Quel, che a prima vista apparisce, non è, che una guaina; dall’estremità della quale esce un fastello di taglienti, ed acuminate frecce, che rapporto al numero[6], e alla forma variano in ciascuno di quest’insetti. Colsi altr’a ciò l’occasione di poter osservare con una Lente a mano la Zanzara nell’atto stesso, che appoggiata a qualche corpo, stava cogliendo il cibo, e con replicate osservazioni ho potuto abbastanza assicurarmi, che quando essa trova il fluido, che brama, esposto al di sopra delle foglie, delle frutta, della pelle degli animali, od altrove, vi approssima l’estremità della sua tromba, ed il sugge. Ma se il fluido è sotto l’epidermide, ed essa trova perciò della resistenza; allora sfodera i suoi dardi, trafora la cuticola, il sangue si alza alla superficie per mezzo a queste lamine, come per altrettanti tubi capillari, e l’animaletto il succia. Nel momento stesso, che la Zanzara vibra i suoi strali, lascia scorrere entro alla ferita un liquore, che ci cagiona una purigine fastidiosissima, cui facilmente io vi rimedio col lavare in molta acqua il luogo stesso della trafittura; ma è cosa essenziale di farlo subito. Forse un tal liquore è destinato a rendere il nostro sangue più diluto, onde essere dall’insetto meglio assorbito.
Con la più invariabile stima ho l’onore di essere ec. ec. ec.
* Intanto le zanzare accanite e le rane palustri non ci fanno dormire. Orazio, Le Satire, Libro I, V, 14-15.
[2] La zanzare è di una fecondità affatto sorprendente. Ogni femmina di questa specie in un solo parto depone a fior di acqua dugencinquanta uova per lo meno. Da queste uova in capo a tre, o quattro giorni nascono altrettanti vermetti; le acque putride, e stagnanti ne formano il ricetto: entro al periodo di quindici, o venti giorni questi vermi son trasformati in Zanzare: non ricercasi tutto al più che un mese da una generazione all'altra; e nel corso di una stagione succedono da sei, o sette generazioni. In questa guisa, quando ogni altra cosa sia favorevole, nel periodo d'una stagione, secondo questo computo da una sola zanzara possono procrearsi cinquanta mila milioni per lo meno di Zanzare.
[3] Gli olj cagionano essi pure la morte alla più parte de' minimi insetti, ma per un altro principio; perché otturano loro gli organi della respirazione.
[4] Affinché il fuoco, che dee collocarsi entro la stanza, specialmente nella stagione estiva, non abbia a riscaldarla di soverchio, si può cominciare dal far bollire l'aceto fuori di essa, e poi quando bolle, trasferirnelo dentro; ed allora pochissimo fuoco, e direi quasi, la sola cenere calda è sufficiente a mantenere l'aceto nello stato di bollizione.
[5] Al caso di qualche real influenza, e di altre putride esalazioni si costuma in quest'Ospital di Vicenza di fare svaporare dell'aceto entro a dei pignatti di terra inverniciati, e distribuiti a qualche distanza. Io ho renduto questo metodo più economico, col sostituire ai vasi di terra altrettante Eolipile di vetro, costruite nella maniera qui sopra descritta, ma più in grande. Con questo cambiamento si ottiene lo stesso, stessissimo effetto, e si viene a risparmiare due terzi tanto di carbone, quanto di aceto. Di forte che se per l'addietro doveansi spendere 300 lire per la compera dell'aceto, e del carbone, d'ora innanzi basteranno sole 100 lire.
[6] Egli è anche probabile, che ogni Zanzara abbia lo stesso numero di frecce; ma che non ne spinga fuori se non quel numero, ch'è necessario, o che meglio le piace. Con l'ajuto dl Microscopio il Fisico Osservatore è in grado di decidere questo punto.
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