lunedì 5 marzo 2012


LETTERA
al celebre Signor
LEOPOLDO MARCANTONIO CALDANI,
P.P.P. Di Medicina, e Anatomia nell'Università di Padova

Sul maneggio del Microscopio dall'Autore novellamente raffinato.


P. Giovambattista da S. Martino, Opere, Tomo I, 1791 Pag. 98-111


            Pregiatissimo Signore.

            Il grato, e benigno accoglimento, che presso di voi ebbe la sorte d'incontrare questa mia macchinetta; il giudizio favorevole, che vi siete degnato di formarne; l'uso giornaliero, che a seconda delle continue vostre applicazioni ne andate facendo, tutto per me fu motivo di eccitamento, e di stimolo a non trascurare un lavoro, che sembravami tuttavia suscettibile di qualche maggior perfezione. Se sotto all'industria dell'uomo ogni cosa si raffina, e si compie, se un'immensa carriera han trascorsa a' giorni nostri le scienze, se tutto rifiorisce, e rimonta nel secolo della Filosofia, in cui viviamo; troppo umiliante sarebbe stato per esso noi il rimprovero di aver lasciato nella sua ruvidezza primiera, qual dai Padri nostri lo abbiamo ereditato, il Microscopio, quella scorta fedele atta ad aprirci una via luminosa alle più utili cognizioni, e a toglierci il velo a quegl'incontrastabili misterj, onde suole la Natura cuoprire una gran parte delle sue produzioni. Il miglioramento, che ho recato a questa macchina, di cui mi son creduto in dovere fin dal primo istante, che ho intrapreso a maneggiarla, non riguarda per verità alcuno de' suoi punti essenziali; esso non ha per iscopo il lavoro delle Lenti, che ho da vario tempo ridotte all'ultimo grado della loro chiarezza, e del loro aggrandimento: il tutto consiste nella variazione della sua montatura; la variazione però è tale, che rende il Microscopio più semplice, più facile a maneggiarsi, più spedito ne' differenti suoi usi, e con l'accompagnamento d'un minor numero di pezzi, che lo compongono, più acconcio a prestare i medesimi vantaggi di prima. Quindi ad altri meglio, che a voi, eruditissimo Signore, non avrei saputo indirizzare il ragguaglio de' miei cambiamenti, a voi, Genio sublime (e mel permetta la rara vostra modestia), che avete con dei lumi superiori sorpresa l'Italia; che godete l'omaggio dei Principi, e delle Nazioni, che ci servite di guida nel sentier della gloria, e che fate sì alto onore all'acutezza dell'occhio Sovrano, il quale seppe scuoprire l'individuo più atto al grande incarico da voi sostenuto.

            Dalla sola ispezione della figura apposta in fine, attesoché disegnata come a Dio piace, voi non potreste concepire che una rozza idea della montatura di questo strumento: io m'industrierò di descriverlo alla meglio. La base A è formata a tre piedi, che si chiudono per maggior comodo del trasporto, e si aprono allora quando occorre servirsi dello strumento. Sopra questa base si erge perpendicolarmente, e si ferma con la vite a tutto il corpo del Microscopio NBCDE DCBM. Lo specchio di cristallo L gira in tutti i sensi, e serve a raccorre la luce, e portarla all'oggetto posto nel foro della laminetta scorsoja GG. Questo specchio si può anche alzare, ed abbassare a talento, col portare su, e giù il sostegno I, I, inserito tra le colonne del Microscopio, fermandolo ove meglio piace per mezzo della vite h. Ordinariamente però si tiene a tale distanza, che l'oggetto da illuminarsi sia nel suo fuoco: pur quando l'oggetto ricercasse meno luce, allora si alza un po' più lo specchio, e così tramanda sopra l'oggetto una luce più languida. BB sono due colonne internamente vuote, entro alle quali s'introducono, e si possono alzare, ed abbassare le due altre colonne solide DD poste al di sopra.

            All'estremità superiore delle colonne vuote, cioè, in CC vi è fissa immobilmente la piastra CC, nel cui gran foro di mezzo è pure stabilmente fermato il tubo maestro FHF. Questo è un tubo affatto semplice senza vite interna, e solamente al di sopra nel suo contorno interno è fornito di una molla, o susta, la quale premendo le due alette e e, si abbassa per introdurvi la laminetta scorsoja GG, nel cui foro di mezzo vi è un pezzetto di lucido talco destinato a sostener l'oggetto trasparente. Entro al medesimo tubo FF s'insinua per la parte di sotto in H un piccolo tubetto, che porta il nome di spezza-raggi, il quale per avere un foro più ristretto serve a moderar la luce quando fosse troppo gagliarda; e questo spezza-raggi si leva, e si ripone conforme al bisogno. La piastra E sta pure inamovibile sopra le colonne solide DD, e nel suo gran foro E si ripone o l'una, o l'altra delle due cappette, destinate a ricevere una delle otto Lenti, di cui ordinariamente è fornito il nostro Microscopio.

            Per far dunque, che la Lente si avvicini, o si allontani dall'oggetto, che dee star fermo; un nuovo artifizio si scorge, il quale non può essere più semplice. Al di sotto della colonna vuota CBN vi è posto il circoletto N. Questo gira semplicemente attorno a se stesso senza punto alzarsi, od abbassarsi; e girando esso, fa alzare, od abbassare tutto il pezzo superiore del Microscopio DED, e ciò in grazia di un congegno a coclea praticato entro alla medesima colonna vuota. Sicché qui non è più l'oggetto, che si avvicini alla Lente, ma la Lente stessa posta entro alla cappetta in E si approssima, o si discosta dall'oggetto, che poggia sul talco. L'altro circoletto M, che spunta in fondo all'altra colonna, se ne sta immobile, né serve ad altro, che per pura apparenza.

            Quando dunque io voglia osservare oggetti minimi trasparenti, i quali già superano di gran lunga il numero degli oggetti opachi, colloco prima l'oggetto sul talco inserito nel foro della laminetta scorsoja; indi premendo con le dita le due alette e e, lo introduco entro al tubo, girando in appresso lo specchio L, finché l'oggetto resti illuminato. Scelgo poscia tra la serie delle otto Lenti quella, ch'è più adatta all'oggetto stesso. Un'avvertenza delle più necessarie ella è questa, che le Lenti acute non deggiono adoperarsi se non per oggetti minimissimi, e che quanto più grande è l'oggetto, tanto più dolce dee esser la Lente. Oltr'a ciò è da riflettere, che due sono le cappette segnate dalla figura Z, una col foro più grande, e collo specchietto metallico nel suo fondo esteriore attorno al foro, e l'altra col foro più ristretto, e senza specchio. Entro alla prima si collocano le sole tre prime Lenti, incassate in un cono più grande, e che sono di minore ingrandimento; nella seconda si ripongono le altre cinque Lenti più acute. Presa dunque quella Lente, ch'è meglio proporzionata alla grandezza dell'oggetto, e ripulita con un gentil pennellino, che tengo a questo fine riserbato, la ripongo nella cappetta, che le conviene, in maniera che il cono della Lente entri nel foro della cappetta, e la Lente risalti in fuori pel di sotto della cappetta stessa. Indi assodata la cappetta nel foro E, vi approssimo l'occhio al di sopra, e tanto vicino, che vi rimanga tutto incassato, per escludere il lume, che viene lateralmente, ed impedisce di vedere con precisione l'oggetto; e nello stesso tempo girando il circoletto N faccio che la Lente si accosti, o si discosti, finché l'oggetto resti situato nel suo foco. E qui dobbiam farci risovvenire, che le Lenti più acute hanno il loro foco vicinissimo, e perciò è necessario, che la Lente si abbassi tanto, fino a toccar quasi l'oggetto. Per questo stesso motivo quando l'oggetto è un qualche fluido, se ne pone una piccola goccia con una penna da scrivere dalla parte di sotto del talco, che già vi resta sospesa; perché, se si ponesse al di sopra, la Lente coll'avvicinarsi al fluido correrebbe pericolo di rimanere lordata: la quale avvertenza non si rende necessaria quando adoperiamo Lenti di poco ingrandimento, che hanno il loro foco notabilmente distante.

            Allorché l'oggetto, ch'io bramo di assoggettare al suo esame, è opaco, in vece della laminetta scorsoja prendo lo spillo u t, bagno con la saliva la superficie del suo circoletto t, indi la intingo nell'arena, o qual altra sia la polvere opaca, che hassi a riguardare, ed introduco lo spillo con la polvere al di sopra entro al tubo. Indi presa una delle tre prime Lenti di minore ingrandimento, le quali sole si adoperano pegli oggetti opachi, la ripongo entro la cappetta fornita dello specchio metallico, che sola similmente è acconcia a questa maniera di oggetti, e collocandola nel solito foro E, la innalzo, o l'abbasso finché l'arena si vede chiara, illuminata, e distinta. A tale oggetto in questo genere di osservazioni si dee sempre levare lo spezza-raggi dal fondo del tubo per dare un libero passaggio a tutta la luce, che dallo specchio di sotto passa allo specchio di sopra. Se l'oggetto opaco è atto ad essere infilzato, la punta u dello spillo serve a questo uffizio, introducendo questa entro al Microscopio.



            Per concepire un'idea chiara del come si adoperi il Microscopio dopo la sua nuova riforma pegli oggetti in grande a foggia del travaglio anatomico del Sig. Lyonnet, non farò che additare il modo, ch'io tengo per osservare la circolazione del sangue nel mesenterio di una rana vivente. Qui non occorre più estrarre il tubo, rimuover le piastre, introdurre la vite, rimetter nuovi pezzi, il che riusciva di non piccolo imbarazzo ai meno esercitati Osservatori. Io lascio il Microscopio nella montatura che ho fin qui accennata; prendo solo la tabella OPQR, e la insinuo orizzontalmente per la parte più stretta RR tra le colonne DD al di sopra del tubo FF. Questa tabella nella parte di sotto ha un cerchio attorno al foro O, che non si può vedere espresso nella figura. Si fa che questo cerchio chiuda, ed abbracci l'estremità superiore del medesimo tubo, a guisa d'un coperchio di scatola; sicché la medesima tabella rimane ferma in posizione orizzontale sopra il tubo. Oltr'a ciò io tengo apparecchiata un'altra tabella di legno, cui do il nome di patibolo, della figura un di presso della tabella di ottone testé nominata, solo che dalla parte QQ sia due pollici più lunga, e dalla parte PP tre quarti di pollice; che il suo lato traversale ORR sia più ristretto, che abbia un foro simile al foro O, e che sia della grossezza di due linee, o circa. Preso frattanto un rannocchio, lego con l'estremità di due spaghi le due zampe davanti mediante un nodo assai forte; indi disteso l'animale in posizione supina sopra il patibolo, con la testa verso PP, e con le zampe posteriori verso QQ, ravvolgo questi due spaghi più volte attorno al patibolo in PP, ed in fine gli aggruppo insieme. In appresso, fatto un nodo alla metà di un altro spago, v'insinuo, e stringo in esso tutte due insieme le zampe posteriori un po' al di sopra del ginocchio, ed avvolgo similmente le due estremità di questo spago attorno al patibolo in QQ. Fermato in tal guisa l'anfibio, con forbicine gentili gli faccio sulla pelle un taglio longitudinale, cominciando sotto il braccio fino alla giuntura delle coscie, a quel lato che guarda verso il foro O; indi col pomolo di un ago estraggo lentamente pel taglio fatto gl'intestini. Scegliendo poscia quella porzione d'intestino, che sembra più a portata, e apparecchiati alquanti uncinetti simili a quello della figura y traforo con la punta di essi l'intestino, e lo inchiodo attorno al lembo del foro O; sicché il mesenterio rimane piano, e disteso sopra il foro medesimo, e la parte più lunga degli uncinetti resta ripiegata lungo la tabella verso RR, nella qual positura non reca alcun impedimento. Fatta la preparazione del mesenterio, non mi resta che a collocare il patibolo sopra la tabella di ottone, in guisa che al foro O corrisponda il foro del patibolo ove è disteso il mesenterio. Affinché poi girando qua, e là il patibolo per osservare varj punti del mesenterio non abbia questo a cadere dal di sopra la tabella, all'estremità del lato RR s'inserisce una piccola molla di lata, la quale con le sue alette tenga stretto, ed unito il patibolo alla tabella, ed allo stesso tempo gli permetta di poter esser mosso a talento. La lente più propria per osservare il sangue in circolo è quella, che nella nostra serie ingrandisce meno di tutte. Il metodo finora descritto somministra una sufficiente idea per l'apparecchio di moltissimi altri animali tanto a sangue caldo, che a sangue freddo, ed insieme addita il modo di servirsi del Microscopio per qualunque sorta di oggetti in grande.

            Ma invano noi possederemo il penoso secreto di maneggiare questa eccellente macchinetta, in vano saranno da noi invocati tutti i soccorsi dell'arte, in vano spererem di fare dei notabili progressi nello studio della Fisica più minuta, qualor forniti non ci troviamo di quello spirito penetrante, di quel colpo d'occhio osservatore, che afferra in un momento gl'intimi attributi, distingue le proprietà, conosce i rapporti, segrega i fantasmi, e rifiuta tutto ciò che procede da uno splendore adultero. Non è questo il luogo di tesser la storia dei traviamenti dello spirito umano rapporto all'uso del Microscopio. Ricorderò piuttosto a me stesso la saggia vostra risoluzione, onde entraste, mio Signore, in impegno di sciorre la tanto celebre questione: se la lucidezza, che si scorge nel centro delle particelle del sangue, allorché si contemplano con Lenti notabilmente acute, sia un foro reale, oppure una mera apparenza, ed un semplice giuoco della luce. Per venire a capo, voi immaginaste di sottoporre al Microscopio altri corpi minimi, globosi, trasparenti, ne' quali abbiam tutta la certezza non esistervi alcun pertugio. I corpi presi in esame furono le minime pallotoline di cristallo, i granelli di arena trasparenti, le dissoluzioni dei semi freddi: dal centro di tutti questi oggetti voi vedeste comparire il solito spiraglio di luce: le vostre sperienze furono perfettamente d'accordo con le mie; dal che voi avete potuto con ogni certezza conchiudere: che le molecule del sangue, non meno che di tutti gli altri corpi diafani, e globosi, fanno l'officio di altrettante Lenti, le quali raccolgono la luce al loro asse, e quindi che il creduto foro non sia che una mera diottrica illusione, ed un raunamento di raggi, il quale è facile, che altri prenda per un foro. Le Osservazioni, che io ho istituite in appresso non fanno che confermare vie meglio il vostro sentimento. Feci parecchie fiate rotolare giù per un piano inclinato le particelle sanguigne; egli è certo, che se queste fossero realmente traforate, nell'atto di cader rotolone, e di avvolgersi attorno a se stesse, il loro pertugio avrebbe dovuto talor nascondersi, e successivamente talor comparire; del che io non mi avvidi giammai, anzi a qualunque parte si dirigessero faceano sempre mostra del lucido loro spiraglio.

            Contuttociò il nodo più difficile, che ci rimane a disciorre, è d'indagar la cagione, per cui osservandosi le medesime particelle con Lenti di minimo ingrandimento appajano come tanti globetti senza foro, e con Lenti mezzane si dimostrino lucide nel contorno, ed opache nel mezzo. Se mi fosse lecito azzardare un semplice mio sospetto, direi, esser questo un effetto immediato della loro piccolezza. Una luce estremamente lontana, o infinitamente piccola non si ravvisa. I vulcani della Luna, presi essi pure da taluno per un foro, e medesimamente molte stelle fisse per la loro lontananza si rendono impercettibili all'occhio disarmato: per simil guisa se un raggio di luce ancorché vicino sia sommamente esile, non fa alcuna impressione sulla nostra retina, né da noi si comprende. Ho osservato, che un globetto di cristallo restringe la luce ad uno spazio per un di presso dieci volte minore del suo diametro. Il diametro delle particelle del sangue fu da me calcolato di di linea parigina, sicché il diametro della luce raccolta dovrebbe essere di di linea; e perciò, quando non vengano adoperate Lenti di una massima acutezza, l'ingrandimento non è mai tale, che ci lasci distinguere il minimissimo ingrandimento, che ivi si fa, della luce. Che se con Lenti mezzane ci si permette di veder chiaro il loro lembo, ciò avviene, perché questo sarà probabilmente, come dee esserlo, men denso del rimanente vicino al centro. L'obbiezione, che io faccio a me stesso, è che l'opacità del centro, invece di andar gradatamente scemando, a misura che si avvicina alla circonferenza, come par che dovrebbe succedere, cessa tutta ad un tratto, e rimane un solo punto nero nel mezzo. A rettificar questo punto in una maniera degna di questo spirito di osservazione, che tronca ogni dubbio, e lascia l'intelletto pienamente convinto, ricercherebbesi una serie di lunghe, continuate, ed in mille guise variate Osservazioni, che di presente io non ho né il tempo, né la comodità d'intraprendere.

       Pertanto, Veneratissimo Signore, in vista agli esempi vostri luminosi, con quai rapidi progressi non vedrem noi avanzarsi di giorno in giorno la grand'Arte microscopica? L'energia di un solo avvalora, e rinforza il vigore di molti altri. Già non mancano tra noi degli abili talenti, i quali atterriti forse dalle prime difficoltà di questa scienza, se ne rimangono come irresoluti, ed attendono da voi questo impulso vittorioso, che scuota il loro spirito, e gli accenda a seguir l'eroica carriera de' vostri studj. Penetrata l'anima da questa sublime passione, coll'avanzarsi sempre più nel regno degli esseri impercettibili, vedrà svilupparsi sotto alla sua mano i germi delle Fisiche, passerà ai secreti dell'invenzione, giugnerà in fine al discuoprimento di quelle grandi verità, atte bene spesso a fissar la sorte dei mortali. In tal guisa il Microscopio, che diviene un istrumento di seduzione, e di errore pe' gl'ingegni superficiali, e per le anime dissipate, si cambia in oracolo della Natura, e forma l'occupazion favorita di quegli esseri privilegiati, che n'esperimentano le delizie, e che ne sono entrati pienamente in possesso.

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