venerdì 4 maggio 2012

LETTERA
al Sig. Ab. AMORETTI

INTORNO AD UN FENOMENO MAGNETICO


P. Giovambattista da S. Martino
Ispettore dell'Agricoltura e Presidente dell'Accademia Agraria di Zara
(Opuscoli Scelti sulle Scienze e sulle Arti, Tomo XVII, Milano 1794 pag. 243-246)
(Antologia Romana, Tomo XXI, n. XIX Novembre 1794 pag. 145-148)


            Mio illustre Amico, e Collega.

            Gratissime oltre modo mi furono le notizie letterarie, che vi siete degnato inviarmi con l'ultima vostra pregiatissima; tanto più, che trovandomi in un paese, che comincia appena ad uscir dallo stato di barbarie, diviso per un vasto seno dalla colta Italia, mi riesce caro, e prezioso tutto ciò, che ha rapporto agli avanzamenti delle arti, e delle scienze. Vi ricambio il favore col darvi ragguaglio d'un fenomeno magnetico, che osservai in questi ultimi giorni, forse da verun altro osservatore non più rimarcato, e che può divenire interessante per la coerenza con altre parti utili di verità.

            Si sapea già prima d'ora, né hanno mancato alcuni Fisici di avvertirlo, che quando si collochi con diligenza un ago da cucire in una posizione orizzontale sopra la superficie dell'acqua, ei se ne resta a galla, e si mantiene in tale stato per quanto tempo a noi piace; ma non si è mai fatta osservazione, che quand'anche il detto ago non sia mai stato precedentemente calamitato; pure appena posto alla superficie dell'acqua, comincia a girare lentamente da se, finché giunga ad acquistare la direzione verso il Polo, ove se ne resta fermo ed immobile, senza più declinare né dall'una parte, né dall'altra, purché da qualche causa esterna non venga rimosso. La maniera pratica per riuscire in questo sperimento è la seguente.

Antica bussola ad acqua

            Si prende un ago da cucire di non molta grossezza, poiché se fosse troppo grosso, difficilmente ci riuscirebbe di farlo stare a galla. Deesi aver l'avvertenza, che l'ago sia ben asciutto; ma sopra il tutto per esser certi del risultato dell'esperienza, conviene assicurarsi prima, che l'ago non sia mai stato tocco dalla calamita, né contenga perciò il minimo grado di virtù magnetica. Apparecchiato indi un bicchiere, o una sottocoppa, o altro recipiente pieno d'acqua limpida, vi si ripone l'ago in maniera, che abbia a rimanersene a galla alla superficie dell'acqua; il che essendo alquanto difficile da eseguirsi per chi non ne ha l'assuefazione, e la pratica, perciò ecco il modo più facile per conseguirne l'intento. Si prende un filo di ferro, o di qualunque altro metallo ricotto, d'una mediocre consistenza, e della lunghezza di cinque in sei pollici, come ABCC della sottoposta figura (Tav. III [Nel testo a disposizione non c'è la Tav.]). Si ripiega il fil di ferro sopra se stesso verso la sua metà, come in A, in guisa che le due estremità CC riescano di uguale lunghezza. Cominciando poscia dalla stessa piegatura A, si attortiglia attorno a se stesso fino in B. Indi dal punto B si fa, che le due estremità CC si scostino l'una dall'altra con una divergenza proporzionata. Similmente poste le dette estremità divergenti BC, BC amendue sopra un piano orizzontale, si rivolge in su l'estremità A, in guisa che nel punto B si formi una curvatura, ossia un angolo di 45 gradi, o circa. Ciò disposto, si prende il fil di ferro per la piegatura A, e sopra le due estremità divergenti CC si colloca orizzontalmente l'ago DD, trasportandolo così alla superficie dell'acqua. Allora s'immergono alcun poco le dette estremità entro l'acqua stessa, indi si estraggono fuori lateralmente, e l'ago se ne rimane galleggiante alla superficie.

            Qualunque sia la posizione dell'ago, allorché se ne resta libero sopra l'acqua, ei comincia tosto a girare da se, ed a prendere più, o meno lentamente la direzione del Polo, sempre però con la solita declinazione degli aghi calamitati, che in Zara si riscontra essere di gradi 18 verso Ponente; ed allora se ne rimane fermo ed immobile, senza più ripiegarsi altrove. Io ho osservato, che la posizione ordinaria, che acquista l'ago, si è di rivolgere la sua cruna verso il Polo Artico, e la punta verso il mezzodì; di maniera che tra una cinquantina di aghi, che ho sottoposti alla prova, uno solo ne riscontrai, il quale si diresse in senso contrario, senza che di ciò mi fosse possibile di scoprirne la cagione. L'esperienza riesce egualmente bene, se in vece di un ago da cucire si adopera qualunque altro pezzetto di sottil filo di ferro.

            Dopo una serie numerosa di fatti sempre avverati dal medesimo successo, io stava per chiudere questa mia, facendo, come per corollario, rimarcare, che sarebbe questo un mezzo dei più facili e pronti per conoscere la posizione de' punti cardinali, specialmente in luoghi disabitati ed alpestri, ove non sempre ci troviam provveduti della bussola; quando che venendomi un giorno talento di rifar le mie prove, m'avvidi con sorpresa, che l'ago se ne rimaneva immobile nello stato, in cui lo avea collocato, senza mai prendere la direzione polare. Voi potete ben immaginarvi, mio dotto amico, con quanta sollecitudine ed ansietà cominciassi tosto a rintracciar la causa di questo inaspettato accidente. Cambiai più volte l'acqua del recipiente; sostituii alla solita sottocoppa altri vasi di differente materia, forma, e grandezza; misi alla prova successivamente l'uno dopo l'altro una quantità di aghi, e fili di ferro, varj essi pure in peso, ed in grandezza; ma il tutto inutilmente: niuno di essi diede mai il più piccolo indizio di movimento. Dopo molti e varj tentativi m'accorsi finalmente, che la mia macchina elettrica, ch'è una delle più pronte ed attive non dava in quel giorno segno alcuno di elettricità. Cominciai quindi a sospettare, che un'atmosfera esausta di fluido elettrico fosse la cagione della torpida indolenza rimarcata ne' miei aghi. Il fatto sta, che seguendo passo passo questo indizio, e ripetendo più volte di seguito, ed in tempi sempre diversi le stesse prove, venni a comprendere; che la direzione stessa degli aghi galleggianti verso il Polo dipendeva forse unicamente dallo stato attuale dell'elettricità atmosferica. Posciaché, come ho già rimarcato in appresso, quanto più forte si trova essere l'elettricità dell'atmosfera, con tanto maggior celerità, e prontezza l'ago giunge ad acquistare la direzione del Polo.

Ago magnetico

            Per quanto singolare sembrar possa a taluno la relazione del fluido elettrico col movimento dell'ago alla superficie dell'acqua; a Voi, mio Illustre Collega, non riuscirà punto straniera, dacché vi è pienamente noto, che l'elettricismo è attissimo ad imprimere la polarità agli aghi, alle spranghe, ed a qualunque altra sostanza ferruginosa. Nel Tomo primo della Repubblica delle Lettere si legge, che un colpo di fulmine giunse più volte a cambiar direzione agli aghi calamitati; ed ai Sigg. Franklin, Dalibard, Wilson, ed altri è riuscito d'imprimere la virtù magnetica a varie laminette con una forte scarica della bottiglia di Leyden. Malgrado null'ostante questi fatti, la cui veracità non può essere rivocata in dubbio, io son ben lontano dal credere, che vi esista una perfetta analogia tra il fluido elettrico, ed il magnetico; poscioaché troppe sono le disparità, che li rendono differenti. D'altronde io ho tutto il motivo di dover sospettare, che la virtù magnetica impressa dall'elettricità non sia che un effetto puramente accidentale, e transitorio. Di fatti osservo, che dopo di avere estratti dall'acqua quegli stessi aghi, che galleggiando indicavano la direzione polare, non danno verun indizio, benché minimo, di conservare la virtù magnetica. Oltr'a che ebbi più volte occasione di vedere delle lamine di ferro magnetizzate dal colpo di qualche fulmine, perdere prima dell'anno intiero tutta la loro forza attraente.

            Frattanto con la più sincera stima ho l'onore di essere ec.


Zara 9 Luglio 1794.

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