lunedì 18 giugno 2012

L'espatrio verso il Brasile e l'Argentina

L’emigrazione da Lobia (1885-1911)

Fra le varie frazioni del comune di S. Giorgio in Bosco, Lobia rappresenta uno dei luoghi nei quali l’espatrio si fa più insistente.
A partire, quasi esclusivamente per il Brasile, in quel periodo sono generalmente interi nuclei familiari che si recano dal sindaco o dal suo delegato per ottenere il permesso per richiedere il passaporto, dopo avere ricevuto il nullaosta indispensabile dei proprietari dei fondi agricoli lavorati.
Il censimento dell’emigrazione interna ed esterna del comune di S. Giorgio in Bosco stilato dal 1881 offre il seguente quadro per Lobia.

a) I villici senza terra

Alla categoria dei villici appartiene una delle prime famiglie lobiensi che parte per il Brasile. Si tratta degli Stocco, detti Prospero, che partono in due successive ondate: nel 1887 e nel 1899. Il primo a partire, con nullaosta rilasciato il 9 settembre del 1887, è Stefano Stocco del fu Domenico (n. 10 aprile 1842), non appena muore la suocera Mantovan Giovanna (n. 10 maggio 1818).
Lo Stocco lascia ogni indugio partendo con la moglie Appollonia Bellato (n. 9 febbraio 1848) e i cinque figli, segnando una prima lacerazione del più vasto ceppo familiare. Nel 1899, invece partirà il fratello, come si vedrà nel riferimento a quell’anno.

Alla categoria dei braccianti apparteneva pure il ceppo familiare di Boschiggia Eugenio del fu Pietro (n. 13 maggio 1829) che il 4 ottobre 1887 ottiene il nullaosta per il Brasile, partendo con la moglie e quattro dei cinque figli. A Lobia rimane il figlio terzogenito Giovanni di 22 anni e l’adottata Egerardi Gabriele Arcilla del Pio luogo, che di anni ne aveva appena 11.
Questa situazione costituisce un fattore che ritorna sovente nell’espatrio dei cittadini sangiorgesi e segnala forti e dolorose lacerazioni all’interno delle famiglie in partenza, quasi si trattasse di una sorta di volontà dei capifamiglia di assicurare continuità alla propria progenie nella terra natale, temendo che l’incontro con il destino durante il lungo viaggio o nella terra promessa potesse riservare il peggio al rimanente della famiglia.
I documenti migratori non consentono di verificare se i due personaggi che rimangono a Lobia si trasferiscono presso altri parenti e se le loro strade si dividono, certo è che ci troviamo di fronte ad uno dei tanti drammi familiari prodotti dall’emigrazione.

Fra i primi lobiensi a partire incontriamo la famiglia di Francesco Bottazzo (n. 5 settembre 1841), figlio di Giuseppe e Cabbia Domenica, che ottiene il nullaosta il 16 febbraio 1888, assieme alla consorte Maria Biscotto (n. 4 aprile 1841) e ai figli Giuseppe (n. 4 agosto 1864), Antonio (n. 13 giugno 1867) e Luigi (n. 19 luglio 1879). Antonio però partirà in un secondo momento, ricongiungendosi con la famiglia il primo settembre 1891.

Il 13 ottobre 1888 è rilasciato il nullaosta per l’America, termine col quale in quegli anni si designava unicamente il Brasile, ad Azzalin Giosuè del fu Antonio, di professione villico, che aveva deciso di partire assieme alla moglie Vedolin Eva e ai quattro figli. Per ottenere il nullaosta comunale il segretario comunale richiede all’Azzalin il permesso del padrone padovano Giacobbe Formiggini, che è rilasciato dal figlio Andrea con queste parole: Sig.r Segretario del Comun di S. Giorgio in Bosco. Nullaosta da parte mia che l’affittuale Azzalin Giosuè emigri per l’america con tutta la famiglia. Riverendola distintamente pel proprietario Giacobbe Formiggini il figlio Andrea.

Altro fittavolo dei Formiggini di Padova era Longo Sante del fu Francesco, detto Beggiato, (n. 2 maggio 1865) che, allo scadere del contratto d’affitto dell’11 novembre 1888 chiede ed ottiene il giorno 14 il nullaosta per imbarcarsi per il Brasile assieme alla madre vedova De Mas Ermenegilda (n. 9 luglio 1833) e ai fratelli Maria (n. 3 settembre 1862) e Antonio (n. 9 luglio 1872). All’appuntamento non manca puntuale il lasciapassare firmato da Anselmo Formiggini e datato 9 novembre 1888 che recita: Nullaosta da parte mia, che la Ved.va Begiato Ermenegilda colla propria famiglia, emigri il 20 Novembre prossimo venturo.

Povera era la famiglia di Bortolo Rossi, che ottenne il lasciapassare per il Brasile il 9 ottobre 1888, partendo sulla stessa nave con la quale salpavano altri compaesani di Lobia. La sua è una storia che deriva da una condizione particolarmente misera. Aveva sposato un’orfana, tale Gioconda Duracini, della quale si conosceva solamente l’anno di nascita, il 1851. Da questa aveva avuto vari figli, ma solamente tre erano sopravvissuti: Giuseppe (n. 11 settembre 1873), Massimiliano (n. 7 aprile 1880) e Felice (8 luglio 1887).

Non si conosce la condizione economica di Regina Curtarolo, vedova di Carraro Antonio (1843-1887), che dopo il decesso del marito inizia a meditare l’espatrio, quasi certamente per problemi economici, non prima, comunque, di aver dato in moglie la primogenita Rosa a Camposamartino nel dicembre del 1887. Il 17 novembre 1889 Regina ottiene il rilascio del nullaosta per il Brasile e rotto ogni indugio parte con i tre figli rimasti Amalia (n. 22 aprile 1870), Luigi (n. 19 aprile 1876) e Giuseppe (n. 20 aprile 1881.

Negli stessi anni si assiste alla migrazione interna di famiglie come quella di Luigi Veronese (n. 26 marzo 1827) e Domenica Zaramella (n. 1 marzo 1826), che proviene da Camposamartino con quattro figli. La coppia si stanzia a Lobia il 17 dicembre del 1877, è di condizione villica e porta il soprannome Perlin. Per motivi ignoti questo gruppo non resiste a lungo e il 9 ottobre del 1889 ottiene il nullaosta municipale per trasferirsi in Brasile.
Partono tutti, fatta eccezione per il primogenito Giordano (n. 16 novembre 1850), che nel frattempo si trasferisce a Marsango per ritornare a Lobia nel 1887, in seguito al matrimonio contratto con la sangiorgese Maria Angela Bordignon (n. 17 dicembre 1887)

Villici erano anche il solitario Castellani Giuseppe del fu Luigi, detto Broso, che otteneva il nullaosta comunale il 13 luglio del 1891 e il passaporto 15 giorni dopo, e la famiglia di Ceccato Luigi (n. 11 agosto 1838) che, con la consorte Fassina Rosa (n. 4 gennaio 1849) i sei figli e il nipote Virginio, poteva imbarcarsi dopo il permesso rilasciato il 9 settembre 1887.

Villico e per di più orfano era Bonifacio Mercati degli Esposti (n. 21 febbraio 1855), che nel gennaio del 1888 si trasferiva a Lobia con tutta la famiglia, alle dipendenze di Leandro Fabian, per poi imbarcarsi per il Brasile il 6 febbraio 1892. Parte con la moglie Santa Rosso di Piove di Sacco (n. 23 gennaio 1857) e i figli Giuseppe (n. 26 agosto 1878), Ernesto Adamo (n. 29 aprile 1880), Alessandro Luigi (n. 22 gennaio 1882), Rosa (n. 17 novembre 1883), Michele Arcangelo (.n. 29 maggio 1886), Maria Luigia (n. 24 gennaio 1889) e Carlo (n. 2 gennaio 1892).

Il 29 aprile del 1897 partono altre due famiglie villiche imparentate fra loro: gli Zanon e i Guerra.
Il primo ceppo è quello di Virginio Zanon (n. 19 dicembre 1862) e Pasqua Biscotto (n. 8 aprile 1862), che parte per il Brasile con i tre figli e la nonna paterna Antonia Doro (n. 5 luglio 1828).
Nel secondo gruppo c’è Federico Guerra (n. 11 gennaio 1864), che ha sposato Rosa (n. 5 marzo 1865), sorella di Virginio, e i loro figli Giuseppe Giovanni e Massimo.

Di condizione villica era anche la famiglia di Biscotto Domenico di Angelo e Zulian Domenica (n. 22 febbraio 1860), che il 28 settembre 1898 riceveva il nullaosta per l’America. Domenico Biscotto apparteneva ad una numerosa famiglia che viveva nella stessa casa nella quale risiedevano anche i gavassi dei Franceschetto, dei Bazzega e dei Gottardello, ed era complessivamente composta da 22 persone.

Quasi a chiudere una parabola cronologica singolare, fra gli ultimi a partire a fine Ottocento per il Brasile incontriamo la numerosa famiglia di Pietro Stocco, detto Prospero, fratello di quel Stefano che era partito nel 1887.
Pietro (n. 3 novembre 1839), infatti, non se l’era sentita di lasciare Lobia nel 1887, ma appena deceduto, i due figli Domenico (n. 8 aprile 1876) e Giovanni Silverio (n. 13 febbraio 1881) decidono di dividere le loro strade. A Lobia rimangono l’anziana madre Luigia Pavanello (n. 10 maggio 1839), la sorella Virginia (n. 15 maggio 1866) e Giovanni Silverio, con la consorte Amelia Melania Boschiggia (n. 14 marzo 1882), mentre Domenico nel 1899 decide di raggiungere gli zii e i cugini oltreoceano, assieme alla giovane moglie Regina Scapin (n. 10 giugno 1880), e la primogenita Ermengarda (n. 19 gennaio 1899).

b) Piccoli possidenti e artigiani

Non hanno sicuramente bisogno del nullaosta padronale i parenti Baggio Pietro e Baggio Sante, che con le loro numerose famiglie ricevono il permesso dal sindaco di recarsi in America, il primo in data 9 settembre 1887, il secondo, probabilmente, nell’anno 1900.
Pietro è un piccolo possidente che ha deciso di vendere casa e campi cercando migliore fortuna all’estero partendo con la moglie e quattro dei sette figli, dopo che l’ultimogenita era defunta il 4 aprile del 1883 e altri due figli avevano deciso di trasferirsi a Sandrigo per motivi di matrimonio.
Dal figlio Salvatore discende quel Wilson Baggio del quale si riporta la testimonianza nella terza parte di questo volume.
Sante, invece, fa il falegname ed è imparentato con due famiglie possidenti di S. Giorgio, gli Anselmi (non del ramo nobile) e i Grifalconi, ma non desiste dal partire con la numerosa famiglia in data imprecisata sicuramente dopo la nascita dell’ultimogenito Cesare avvenuta in paese il 5 gennaio 1900.

Fra i motivi che potevano indurre a partire si incontrano dei casi disperati, anche sotto il profilo affettivo.
Il villico Gottardello Antonio, detto Dian, (n. 26 settembre 1840) e la moglie D’Agostini Virginia (n. 24 luglio 1841), ad esempio, nel volgere di appena due giorni, il 4 e il 5 marzo 1882 vedono morire uno dopo l’altro quattro dei cinque figli, e un mese dopo anche il vecchio padre Domenico Gottardello (1807-1882). Sopravvivono i genitori, la nonna paterna e l’ultimogenito Francesco (n. 24 settembre 1879). Il 1 maggio 1882 nascerà Augusto. I cinque tengono duro ancora per qualche anno, ma il 26 ottobre del 1888 decidono di partire per il Brasile, lontano dalla terra amata e maledetta che aveva strappato loro quasi tutta la famiglia.

Nello stesso mese di ottobre del 1888 parte per il Brasile un’altra storica famiglia lobiense: i Martin, che s’imbarcano sulla stessa nave dei Gottardello a Genova. Francesco Martin, infatti, il 16 ottobre di quell’anno ottiene il nullaosta comunale per trasferire tutta la famiglia oltreoceano. A partire sono gli anziani genitori Pietro (n. 14 settembre 1823) e Giovanna Zambon (n. 4 aprile 1829), la moglie Luigia Vescovo, i figli Maria (n. 10 settembre 1881) e Giuseppe (n. 19 settembre 1883) e la sorella Maddalena.

Qualche mese prima, nell’inverno del 1888, avevano lasciato Lobia per il Sudamerica i Pasqualon. Di questi mancano gli estremi professionali, ma la stretta parentela con i Melchiori, gli Zanon e i Busetto lascia presupporre che si tratti di un nucleo familiare tutt’altro che miserabile. A partire sono Fortunato Pasqualon (n. 11 maggio 1841), la moglie Luigia Melchiori (n. 11 aprile 1849) e i tre figli Domenico (n. 2 novembre 1879), Rosina (n. 14 giugno 1882) e Pietro (n. 24 aprile 1885).

Un altro consistente ceppo familiare che si spacca, 23 persone in tutto, è quello dei contadini Scapin. La coppia progenitrice, formata da Domenico Scapin (1838-1918) e Maria Zorzetto (1840-1913), vive e muore in paese, non vuole saperne di andarsene. I figli Albina Scapin (n. 15 luglio 1868), Sante (n. 21 giugno 1871) e Celeste (n. 5 maggio 1873), invece, decidono di fare il gran passo, ottenendo il lasciapassare comunale il 10 febbraio del 1888. Rimangono a Lobia, con i genitori, il primogenito Annibale e gli ultimi cinque figli. Salvo poi, il 4 ottobre 1902, ritrovare Augusto (n. 18 giugno 1877) che ottiene il permesso di partire per il Brasile, forse per ricongiungersi col gruppetto dei fratelli partiti nel 1888.
Quale strategia fosse presente nelle iniziative migratorie di questa famiglia, non è chiaro. C’è da chiedersi perché spedire in Brasile tre ragazzi e tenere a casa il primogenito e tutta l’altra numerosa schiera di figli maschi? Che si trattasse di un flusso migratorio anomalo, lo si ricava anche da altri dati. Sante Scapin nel 1895 appare già ritornato a casa e maritato con tale Boscalto Rosa, dalla quale ha diversi figli.
Ma anche la tarda migrazione di Augusto in Brasile appare difficile da spiegare perché, meno di due anni dopo la partenza, lo ritroviamo nuovamente a Lobia, coniugato con Luigia Venturin e con due figli a carico, ma in procinto di trasferirsi a Isola di Piazzola.

Forse meno nota in paese, ma sempre appartenente alla categoria dei possidenti, era la famiglia di Zambon Vincenzo (21 marzo 1836-30 dicembre 1882), detto Tajalargo. Alla sua morte lascia la vedova Catterina Campagnaro (n. 14 agosto 1837) e otto figli. Trascorrono alcuni anni e la vedova decide di partire per il Brasile con tutta la famiglia, fatta eccezione per la figlia Angela (n. 14 luglio 1865) che nel frattempo si era coniugata con un Doro.
Complessivamente partono dodici persone appartenenti a tre generazioni diverse: la vedova Catterina Campagnaro, i figli Domenico (n. 18 giugno 1859) coniugato in prime nozze con Eugenia Caldogno (n. 9 aprile 1860) e in seconde nozze con Luigia Pasqualetti (n. 27 gennaio 1869), Giuseppe (n. 6 aprile 1861) sposato con Adelaide Guidolin di Presina (n. 21 agosto 1863), Luigi (n. 11 luglio 1868), Costantina (n. 3 giugno 1870), Sante (n. 28 gennaio 1873), Margherita (n. 18 giugno 1876) e Antonio (n. 27 marzo 1881).
La terza generazione sangiorgese è data da Vincenzo Zambon (n. 5 agosto 1887), figlio di Domenico ed Eugenia, e dal cugino Anselmo, nato pure lui a S. Giorgio in Bosco da Giuseppe e Adelaide Guidolin (n. 17 maggio 1887). In Brasile nasce l’ultima figlia di Domenico ed Eugenia Caldogno, alla quale è posto il nome di Maria (n. 11 giugno 1889), volendo ricordare la primogenita nata il 4 giugno 1885 a S. Giorgio e lì deceduta con lo stesso nome.
Eugenia non riesce a sopravvivere al nuovo ambiente e provata dall’ultimo parto muore a S. Paolo inducendo qualche tempo dopo il vedovo Domenico a risposarsi con Luigia Pasqualetti, dalla quale nascerà nell’aprile del 1900 Giovanni Zambon.

Pure Ferro Antonio (n. 15 settembre 1865-10 maggio 1909) proviene da una famiglia di contadini, ossia di piccoli possidenti di Lobia, ma dopo la morte dei genitori e in particolare del padre Luigi (1823-1889) decide di partire per il Brasile con nullaosta comunale datato 14 ottobre 1891 assieme ai fratelli Maria (n. 10 settembre 1862) e Giovanni (n. 3 settembre 1873). Rimangono, invece, in paese Gaetano (n. 2 giugno 1870) e Carolina (n. 7 luglio 1876), ma dopo il matrimonio di quest’ultima con Gottardello Domenico è da ritenere che anche Gaetano abbia deciso di espatriare ricongiungendosi alla famiglia, perché l’intero gruppo è depennato dall’ufficiale dell’anagrafe.

Alla categoria dei piccoli possidenti appartiene anche il numeroso gruppo familiare dei Pettenuzzo, detti Sissa, rappresentato dai nuclei familiari dei fratelli Sebastiano (n. 1 aprile 1844) e Luigi (n. 6 gennaio 1848), per un totale di 17 persone. Il destino dei due fratelli è destinato presto a dividersi.
Sebastiano, in seguito al decesso della consorte Elena Pettenuzzo (n. 25 maggio 1843) e del primogenito Dionisio (n. 11 marzo 1872), si risposa con Maria Felicita Pavin di Tombolo (n. 21 aprile 1861) decidendo di partire per il Brasile il 12 settembre 1891 con la moglie, i rimanenti quattro figli e il nipote Ernesto (n. 29 giugno 1875), ottenendo il nullaosta il 4 dello stesso mese.
Il fratello Luigi, invece, morto a Lobia il 14 luglio 1887, lascia la vedova Virginia Zanon (n. 7 gennaio 1849) e i cinque figli sopravvissuti in grosse difficoltà finanziarie, inducendo tutto il gruppo a trasferirsi a Fontaniva il 23 novembre del 1894. Non sappiamo perché il primogenito di Luigi abbia deciso di partire con lo zio per il Brasile, certo è che in questo modo avviene una frattura ancora più dolorosa dopo la morte del padre.

Nell’ottobre del 1891 si ha una consistente migrazione in Brasile del ceppo familiare Mazzo-Ortolan, originario di Megliadino S. Vitale e Piacenza d’Adige, ma trasferito a S. Giorgio in Bosco nell’inverno del 1887. I primi a richiedere il nullaosta sono i Mazzo, in data 2 ottobre, con il Bovajo Pasquale (n. 20 marzo 1845), seguito dalla moglie Giuseppina Casetta (n. 28 ottobre 1844) e dai figli Maria (n. 7 settembre 1868), Modesto (n. 27 marzo 1870), Vincenzo (n. 24 agosto 1882) ed Emma (n. 20 giugno 1885).
Partono anche il fratello Giuseppe (n. 11 agosto 1852), coniugato con Catterina Facciolo (n. 21 luglio 1853), e i nipoti Elisabetta (n. 20 marzo 1877), Angela Maria (n. 29 gennaio 1880), Amalia (n. 28 agosto 1884) e Albina (n. 12 agosto 1887). L’unica a rimanere in Italia è la sorella Lucia, maritata a Megliadino S. Vitale.
Il 15 ottobre 1891 è il turno del secondo nucleo familiare imparentato con i Mazzo e rappresentato dal contadino Ermenegildo Ortolan (n. 17 giugno 1861), nativo di Piacenza d’Adige e figlio del Pescatore Giovanni Battista. Questi decide di partire con la moglie Maria Mazzo (n. 7 luglio 1867) e i figli Giuseppe e Angela nati a S. Giorgio in Bosco. In paese rimangono i genitori Giovanni Battista (n. 9 aprile 1821) e Angela Scapin (n. 4 marzo 1825), che il 30 aprile 1896 si trasferiscono a Piacenza d’Adige.

Quando a partire sono persino due dei mugnai di Lobia, allora c’è da chiedersi quale stato di penuria si doveva vivere in paese durante la fine dell’Ottocento. L’otto giugno 1897 il Mugnaio Giovanni Missaglia (n. 31 gennaio 1839) otteneva il nullaosta comunale per partire con tutta la famiglia per il Brasile.
Il nucleo in partenza è composto dalla moglie Luigia Pasinato (n. 8 gennaio 1857) dai figli Giorgio (n. 23 luglio 1882), Fortunato (n. 13 febbraio 1884), Teresa (n. 15 luglio 1889) e Catterina (n. 13 aprile 1893). Assieme parte anche il fratello Antonio (n. 9 settembre 1840) e un Volpato Antonio del fu Giacinto che forse era il vecchio garzone che viveva con la famiglia.

L’altra famiglia di mugnai di Lobia a conoscere l’amara esperienza dell’espatrio è quella di Ermenegildo Zorzi, detto Vinio, (26 febbraio 1828-26 luglio 1898) e Favaretto Carolina (30 settembre 1825-27 dicembre 1903). I loro due figli maschi, infatti, si dividono per sempre.
Il primogenito Annibale (n. 10 ottobre 1864), che aveva diversificato l’attività professionale paterna dedicandosi alla falegnameria, partì per S. Paolo con moglie e 3 Figli li 18 9vembre 1897.
In paese rimangono i due anziani genitori e la numerosa famiglia del secondogenito Antonio (n. 19 luglio 1866) che, dopo essersi coniugato con Maria Trento (n. 6 maggio 1871), rileverà la professione del padre continuando la discendenza a Lobia con nove figli.

Alla categoria degli Agricoltori, ossia dei contadini proprietari, appartiene la famiglia di Ferdinando Toffanin. Questi era uno dei personaggi più in vista del paese, discendeva da un ceppo tradizionalmente possidente e nel 1866 era eletto sergente della Guardia Nazionale paesana e in seguito consigliere comunale dal 1877 al 1883, seguendo le orme del padre Domenico che aveva fatto parte del primo consiglio comunale eletto il 26 dicembre del 1866.
La madre Maria Asti proveniva da una facoltosa famiglia trapiantata ad Abbazia Pisani che avrebbe dato per vari decenni agenti del patrimonio immobiliare dei giuspatroni Sangaletti-Mogno. Eppure, nonostante l’appartenenza alla ristretta cerchia degli estimati del comune di S. Giorgio in Bosco, la famiglia di Ferdinando è costretta a vivere l’esperienza dell’emigrazione interna e dell’espatrio in Brasile.
Tutto ha inizio con la partenza per il Brasile della nipote Emma Toffanin (n. 18 febbraio 1870). Figlia di Giuseppe (8 febbraio 1869-31 gennaio 1910) e Maria Asti, Emma si era coniugata con Filiberto Pasinato e dall’unione erano nati a Lobia due figlie: Maria (n. 1 marzo 1893) e Amelia (n. 28 ottobre 1895).
Nell’ultimo quinquennio dell’Ottocento la coppia si trasferisce in Brasile con i figli, dando inizio alla divisione dell’intera famiglia. Il 31 luglio del 1900 si trasferisce a Padova anche la sorella Amalia Maria (n. 11 marzo 1871), mentre altre due – Luigia (n. 28 maggio 1873) ed Ernesta (n. 22 luglio 1874) – partono rispettivamente per Cittadella e Villa del Conte. L’ultimo a lasciare Lobia è il padre Giuseppe, che il 31 dicembre del 1906 si trasferisce a Mantova dove morirà quattro anni dopo.

Alla condizione di agricoltori apparteneva anche il ceppo familiare degli Zulian, detti Miotollero. In questo caso un unico nucleo si divide in tre rami: quello che rimane a Lobia, con la famiglia di Antonio Zulian (n. 30 aprile 1848), la consorte Stocco Virginia (n. 13 maggio 1867) e i cinque figli; quello che si trasferisce a Piazzola sul Brenta il 21 ottobre 1883 con la coppia formata da Vincenzo Zulian (16 aprile 1858-18 aprile 1883) e la consorte Bettarello Regina (n. 28 febbraio 1862); infine, quello che espatria a Rio Grande do Sul (Brasile), con nullaosta comunale rilasciato il 14 novembre 1911 alla famiglia di Vincenzo Zulian (n. 22 gennaio 1853) e Martin Regina (n. 24 ottobre 1857) che parte con l’unico figlio Virginio (n. 10 ottobre 1882).

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