venerdì 31 agosto 2012


Cattiva fisica e malintesa divozione
riguardo al suono delle campane durante i temporali


Il Genio Letterario d'Europa, Tomo XVI, Ottobre 1794, Venezia presso Antonio Zatta e Figli.



Lettera di N. N.
ad uno de' compilatori de “Il Genio Letterario d'Europa”
da Spalatro adì 25 Settembre 1794.


            La notte dei 14 di questo mese, intorno alle due ore e mezzo all'italiana, fu qui un gran temporale con alquanti fulmini, uno de' quali diede nel campanile del duomo, e ne uccise il campanajo, che attualmente vi esercitava il suo mestiere. Fu egli trovato supino a traverso il palco su cui stava suonando; la sua faccia annunziava una soffocazione ed avea intorno al mento delle macchie nericce, come se in quel sito avesse ricevuto un'archibugiata di migliarole. Spogliato che fu, se gli trovò sul basso ventre una striscia rossoscura, della figura e grandezza d'un dito, che dall'ombilico andava verso l'anguinaglia; ed i peli di quella parte erano tutti abbronzati. Il suo vestito, benché alquanto frusto, non appariva punto bruciato, né pure in quella parte, che copriva il sito della suddetta striscia e gli abbronzati peli.

La città croata di Spalato (Split)
            Poiché qui si tratta della vita, facciamo qualche riflessione su questo importante fatto. La pena già fu tutta del povero campanajo, ma la colpa di chi fu? Forse di lui medesimo? No certamente; perch'egli non fece che il suo dovere, essendo pagato (benché malamente) anche per farsi ammazzare dai fulmini. O ne incolperemo piuttosto il fulmine? Nemmeno; perché anche questo non fece che il dover suo. Chi dunque commise il peccato? La nostra cattiva Fisica d'accordo con una malintesa divozione. Dal terribile caso registrato nell'Istoria dell'Accademia reale delle Scienze per l'anno 1719 di diciasette campanili fulminati in una notte, ne' quali si suonavano le campane, fino all'altro terribile caso di sette in otto campanili colpiti replicatamente in un quarto d'ora con grande strage di persone l'anno 1787 nel distretto di Castelfranco del territorio Trivigiano, nacquero, com'è ben noto, infiniti altri casi simili in tanti altri luoghi; e i buoni Fisici da gran tempo gridano continuamente contro alla pratica di suonare le campane in occasione dei temporali, accordando i più divoti che qualche solo campanello discretamente si suoni in segno di religione. Tutto indarno per noi, che lasciamo strepitare e Fisici e fulmini, e vogliamo strepitare anche noi a più non posso con tutte le nostre campane, a costo di lasciarci la vita. E pure noi Spalatrini in nostra spezialità, anche senza saper niente di ciò che si dica l'accademia delle Scienze o l'Ab. Toaldo[1], dovremmo almeno avere imparato la lezione, che da gran tempo ci va facendo non di rado questo medesimo nostro campanile, e ormai dovremmo esser divenuti dottori in quel ramo di meteorologia, che riguarda il rapporto de' fulmini con le campane. Lasciando i casi più vecchi, non sono ancora passati otto anni dacché un fulmine, che diede nello stesso campanile, oltre ad altri danni che cagionò, ne svelse un grandissimo sasso e lanciollo sopra il palazzo Arcivescovile pochi passi distante, il qual sasso squarciando tetti e palchi, passò a fracassare il letto di Monsignore, e non lui medesimo, poiché per sua buona sorte non era in città; e il detto fulmine scagliò dal campanile alquanti altri sassi, che sconquassarono altre case e altri tetti, ed uno giunse a staccare la spada da una statua di S. Barbara, ch'è posta sopra la porta d'una chiesa vicina al duomo. Ad onta di tutto ciò, qui si sostiene che il suono delle campane corrompe l'aria (come noi diciamo a Spalatro) e che diverte i fulmini; e intanto il divertimento lo abbiamo noi.

Fulmini che si abbattono su campanile
            Che se qualcheduno de' nostri Fisici arriva a concedere che i fulmini possano dare a preferenza ne' campanili, non crede già che ciò sia per il suono delle campane, ma solo per l'altezza di sì fatte fabbriche. Ora è da notare in questo proposito una particolarità dell'ultimo caso qui avvenuto, ed è che il fulmine non colpì già la parte più alta del campanile, non trovandosene veruno indizio al di sopra del sito, dove sono collocate le due campane maggiori (ch'è alla metà di tutta l'altezza del campanile), presso alle quali si trovava il campanajo, che una ne suonava appunto quando restò colpito; e sotto a lui furono danneggiate dal medesimo fulmine varie altre località del campanile fino alla più bassa scala. Poteva il cielo finalmente parlarci più chiaro di quello che fece per mezzo di questo fulmine?
            E per verità noi avevamo ultimamente più bisogno del solito che ci venisse parlato ben chiaro su questo articolo, poiché da qualche mese noi eravamo ancora più tranquilli dell'usato nel micidial costume di suonar le campane in occasione di temporali, autorizzati da una Novella letterario sparsa in provincia di non so quale moderno scritto[2] che assolve da ogni pericolo sì fatto costume. Voi potreste pensare che questo danno ci fosse recato dal Needham[3] con la sua Dissertazione[4] in difesa delle campane già dai Fisici accusate di chiamare i fulmini col loro suono; e potreste anche temere d'averne parte voi stesso, o alcuno de' compagni vostri, per aver col vostro Giornale[5] fatta più nota la detta Dissertazione dando l'estratto delle Memorie accademiche di Brusselles, fra le quali è inserita. Ma in verità non ci avete colpa né voi, né il Needham, poiché qui certamente non arrivano le Memorie dell'Accademia di Brusselles, né io ci vedo girare il vostro Giornale. E' vero che ci viene l'Enciclopedico: ma io sono assicurato che quantunque nel medesimo si diano varj estratti di quel volume delle dette Memorie, nel quale si trova la detta Dissertazione, pure di questa non si fa un minimo cenno.

Fulmine sul mare di notte
            Orsù, comunque sia questo imbroglio, io ho il piacere di dirvi che per quanti temporali ci sono stati in questi giorni dopo la morte del campanajo, qui d'allora in poi non si è toccata campana per il mal tempo. Anzi sento dire che il sagrestano, il quale ha l'incombenza di far suonare le campane, abbia già rinunziato all'impiego, perché non trova chi voglia succedere al campanajo morto. Ma questi sono affari da accomodarsi presto. Basterebbe che le campane non si facessero diventare altrettante macchine elettriche, e che non si esponessero i campanaj né i loro vicini ad esperienze ben più pericolose di quelle del Cuhneo e del Franklin. Ma pur troppo si tornerà (e quanto prima) alla vecchia usanza. Tostoché comincieranno a crescere i seminati e a mettersi in vigore le vigne, i nostri contadini e i nostri proprietarj minacceranno il nuovo campanajo di non dargli la solita ricognizione al tempo della ricolta, quando egli non faccia l'usato mestiere; e così il pover'uomo, per non morire di fame, vorrà piuttosto morir di fulmine.
N. N.


[1]    Giuseppe Toaldo (1719-1797), Saggio meteorologico, Padova 1770, pag. 4-6.
[2]    Il riferimento è alla Lettera intorno al suonar le campane in tempo procelloso di P: Giovambatista da S. Martino, pubblicata nel mese di Aprile 1794 dal Nuovo Giornale Enciclpedico d'Italia.
[3]    John Turberville Needham (Londra, 10 Settembre 1713 – Bruxelles, 30 Dicembre 1781), fisico inglese e prete cattolico. Fu il primo segretario dell'Accademia Imperiale di Bruxelles.
[4]    Mémoires de l'Académie Impériale et Royale des Sciences et Belles-Lettres de Bruxelles, Tome IV, Bruxelles 1783 pag. 57-72: Si le son des cloches, pendant les orages, fait éclater la foudre en la faisant descendre sur le clocher, des que la nuée chargée de matière électrique, est au-dessus de l'endroit où l'on sonne.
[5]    Il Genio Letterario d'Europa, Tomo II, agosto 1793 pag. 90: Egli [Needham] difende le campane dall'accusa che lor venne data da molti Fisici; e sostiene che la sola elevazione è causa che i campanili sieno così frequentemente percossi. Anche gli alberi più alti e le torri prive di campane vi sono soggetti per la stessa cagione; la materia elettrica trova in essi altrettanti conduttori, e direttori dell'effetto della esplosione.

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