La teoria del Ventaglio
Lettera del P. Giovambattista da S. Martino Lettor Cappuccino alla Nobil Dama L.G.
P. Giambattista da S. Martino
(Memorie per servire alla Storia Letteraria e Civile, 1798, Semestre I, Parte II pag. 45-55)
Egli è questo per me un onore de' più singolari e distinti, che bramando ella lo scioglimento del dubbio ultimamente propostomi, anziché ricorrere a que' dotti personaggi; che trovansi di frequente onorati della colta, ed erudita sua conversazione, siesi piuttosto degnata di rivolgersi ad un semplice cenobita, che non ha altro merito, se non quello d'indagare nel silenzio, e nel ritiro gli andamenti della Natura, e di ritrarne qualche utile conseguenza a prò dell'umanità. Ella mi chiede, come fisicamente si spieghi, ed in qual maniera venga a prodursi quel piacevole rinfrescamento, che da noi si sperimenta, allora quando ne' bollori estivi sogliamo avanti alla faccia nostra agitar con frequenza il ventaglio[1]. Buon per me che la ricerca fattami ha per oggetto di rintracciare la causa fisica di questo fenomeno, intorno a cui m'industrierò di esporle alla meglio il mio parere. Se in vece ella mi avesse chiesto il significato di que' misteriosi ghiribizzi, che da alcune signore d'oggidì sogliono formarsi col ventaglio, per esprimere, credo io d'una maniera molto destra i sentimenti o di connivenza, o di ripulsa, io mi troverei non poco imbrogliato a risponderle, e sarei costretto a confessarle la mia imperizia, non essendomi giammai esercitato in questo ramo di sapere.
Per aderire frattanto a' suoi pregiabilissimi cenni, prima di esaminare gli effetti del ventaglio, non sarà che opportuno di esporle brevemente la maniera, onde eccitasi in noi la sensazione del caldo, e del freddo: tanto più, che se per avere la spiegazione di questo giornaliero fenomeno, noi verremo a consultare gli autori, che prima d'ora ne hanno parlato, troveremo che tutte le loro teorie non consistono, che in un ammasso informe di proposizioni mal fondate, e sconnesse, ossia in un mero guazzabuglio di parole, atte a confondere, piuttosto che ad illuminare la mente di chi legge. Egli è noto oramai a chiunque, che il calorico[2] è una sostanza generalmente sparsa, frammischiata, ed interposta fra tutti i corpi esistenti in Natura, di maniera che non se ne riscontra neppur uno, il quale ne sia del tutto privo. Siccome però diverso è il grado di affinità, che hanno i corpi verso questo principio, essendo in alcuni più, ed in altri meno efficace, ed attiva; quindi è che non tutti contengono in se stessi una medesima quantità dello stesso calorico; ma altri più, ed altri meno; e quindi è altresì che siccome moltissime sostanze vengono ad ogni momento a cambiare stato, ossia modo di esistere, e col cambiare stato si rinforza altresì, oppure s'indebolisce la loro affinità, verso il calorico; perciò uno stesso, e medesimo corpo si rende ora più, ed ora meno capace a contenere in se stesso una maggiore, o minor dose di calorico; dal che ne siegue, che dovendo esso ubbidire alle leggi delle sempre insorgenti, e sempre varie affinità, è costretto ad un continuo movimento, e passaggio dall'una all'altra sostanza: e l'effetto principale, anzi l'unico finora conosciuto, ch'egli produce, allorché s'insinua per entro ad un corpo, è quello di accrescerne, e dilatarne il volume; siccome per l'opposto quando, una porzione di calorico esca da una qualche sostanza, il volume di essa si diminuisce, e si restringe. Ora quel medesimo effetto, che nasce in altri corpi, succede altresì in noi stessi. Allorché una quantità di calorico se ne passa dai corpi circonvicini entro di noi stessi, ei viene indispensabilmente a dilatare le fibbre del nostro corpo, alla quale dilatazione corrisponde in noi stessi l'idea, e la sensazione del caldo. Siccome per l'opposto quando una porzione del nostro calorico se ne esce da noi, e si disperde al di fuori, le fibbre del nostro corpo si restringono, e si costipano, al quale costipamento ci si risveglia tosto la percezione del freddo. Se l'ingresso, oppure l'uscita di calorico succede in noi lentamente, e per gradi, la sensazione sì del caldo, che del freddo ci riesce grata, e piacevole: doveché il calorico entra, oppure esce da noi con rapidità, e con impeto, sì il caldo, che il freddo ci riescono dolorosi, ed incomodi. Ella è talmente annessa la percezione del caldo con la dilatazione delle fibbre, e quella del freddo col loro restringimento, che da qualunque causa esse procedano, anche indipendentemente da ingresso, oppure da uscita del calorico, viene sempre ad eccittarsi in noi la detta sensazione del caldo; oppure del freddo. Un esempio di ciò assai chiaro, e manifesto lo abbiamo nel freddo, che da noi si sperimenta nell'accesso di alcune febbri del genere periodico. Il miasma febbrile induce, comunque ciò sia, un subitaneo stringimento di fibbre in tutta la superficie del nostro corpo, al quale corrisponde tosto la sensazione d'un freddo tormentoso, ed acuto; tuttoché la dispersione del calorico non sia in allora per verun modo proporzionale al grado di rigidezza, che attualmente si prova.
Conosciuta la maniera, onde risvegliasi in noi la sensazione del caldo, e del freddo, più agevolmente possiamo entrare alla discussione degli effetti del Ventaglio. E qui in primo luogo dobbiamo avvertire, che la semplice agitazione dell'aria operata con questo, o con qual siesi altro strumento, qualor si consideri in se stessa, e senza verun altro rapporto al soggetto, cui si dirige, non è atta altrimenti né ad accrescere, né a diminuire il calore. Di una tal verità, Ella stessa mia Illustre Dama, può rimanerne a pieno convinta, qualor non le incresca di praticare il facilissimo sperimento, che vengo ora ad indicarle. Dia prima un'occhiata al Termometro a mercurio, che tiene appeso alle pareti della sua stanza, e che io stesso le ho costruito, e le ho recato, anni fa, nel mio passaggio per costì; ed osservi con attenzione il grado preciso da esso indicato. Indi commetta ad alcuno de' suoi domestici, che preso un robusto ventaglio, lo agiti con tutta forza, e per lunga pezza in vicinanza alla palla del detto Termometro, con l'avvertenza, che la detta palla non sia stata prima inumidita. Finita l'operazione, torni di bel nuovo ad osservare il Termometro, e quando la temperatura della stanza per qualche estraneo accidente non siesi cambiata, il vedrà indicare il medesimo grado di prima, senza punto essersi rimosso, in forza dell'aria agitata. Replichi, quante volte a lei piace, il medesimo sperimento, e ne avrà immancabilmente il medesimo risultato, il che prova ad evidenza, che la sola agitazione del Ventaglio, quando altro non vi concorra, non è atta per se stessa a produrre alcuno rinfrescamento. Ma oltre al fatto, ch'è incontrastabile, sembra che anche la ragione stessa cel persuada. Il calorico libero[3] ha la proprietà di distribuirsi equabilmente fra tutti i corpi contigui; di maniera che tutte le sostanze, che si trovano entro all'ambiente di una stanza, dopo di avervi dimorato per qualche tempo, trovansi tutte ridotte allo stesso grado di temperatura; perché il calorico libero vi si è distribuito in modo, che indicano tutte il medesimo punto di calor termometrico. Ora coll'agitare il ventaglio noi non facciamo altro, che far cambiare sito all'aria della medesima stanza, in guisa che quella che era a destra la spingiamo a sinistra, e quella che stava in alto la facciamo discendere allo ingiù. Ma siccome tutta l'aria della stanza trovasi alla stessa temperatura; così col cambiarla unicamente di sito, non giungerem mai a cambiarla di temperatura. Lo stesso pur dicasi di qualunque altra agitazione operata in grande, e all'aperto. Il vento stesso, il quale a giusto riflettere può essere riguardato come un ventaglio immenso posto in azione dalla Natura, se vogliam considerarlo in se stesso, e senza verun rapporto ad altre circostanze, che lo accompagnano, non è, né può essere atto ad accrescere, o a diminuire il calore: che se pure spesse volte adiviene, che esso realmente giunga a riscaldarci, o a raffreddarci, d'altronde dobbiam ripeterne il motivo, come farò vedere in appresso.
Comunemente si crede che l'agitazione dell'aria, operata col ventaglio, ci diminuisca il calore per la ragione, che essendo noi forniti, come tutti gli altri animali a sangue caldo, di una quantità di calorico, che supera quello dell'atmosfera, e che con varie sperienze istituite sopra me stesso, e sopra varj altri individui, ho trovato essere tra i 29 ed i 32 gradi del Termometro a mercurio del sig. Reaumur; e tendendo questo calorico a disperdersi continuamente al di fuori, dee per conseguenza formarsi allo interno di noi una specie, dirò così di atmosfera più calda, che altrove; e quindi coll'agitar del ventaglio, spingiam di lontano una porzione di quest'aria da noi riscaldata, in luogo della quale se ne sostituisce altrettanta di quella, ch'è alla temperatura comune. Io non niego, che la sostituzione di un'aria più fredda all'aria calda non abbia a produrre un sentimento di minor calore; ma sostengo non essere questo il caso nostro, né esser questa la cagione del fenomeno, che cerchiamo di spiegare. Se ciò fosse, basterebbe per trovar sollievo ne' calori estivi, senza altra briga di adoperare il ventaglio, basterebbe, dico, dopo di esser rimasti fermi in un sito, trasferirsi alquanti passi più lontano. In tal caso noi cambieremmo sicuramente, non già una sola porzione, ma tutta intera l'atmosfera da noi prima riscaldata, per entrare in un nuovo ambiente posto alla temperatura comune. Ma il fatto sta, che operando anche in tal guisa, non proviamo quel vantaggio, che si sperimenta, con l'uso del ventaglio; se non nel caso che il nuovo ambiente, in cui entriamo fosse realmente di una temperatura inferiore. In fatti malgrado il calor naturale, che da noi si trasfonde, piccolissima è la differenza tra l'aria a noi vicina, e quella che si sta alquanto più lontana. In tempo di rigidissimo inverno, in cui una tal differenza dee essere delle maggiori, con esperienze appositamente istituite non la trovai, che di solo mezzo grado; nella state poi ella diviene affatto insensibile; il che tutto si unisce a provare, che la semplice remozione dell'aria da noi riscaldata non può essere altrimenti la causa del rinfrescamento, che ci deriva dall'agitazione del ventaglio; e quindi che per averne la vera spiegazione dobbiam rivolgerci ad un altro ordine di cose, le quali ben diciferate ci faranno abbastanza comprendere, con quale semplice artificio operi la natura i più grandiosi fenomeni, i quali cessano di sorprenderci solo perché gli abbiamo tutto il giorno sotto gli occhi.
La fisica de' nostri giorni, ch'é la sorgente feconda di tante altre luminosissime scoperte, ci ha posti altresì al fatto delle seguenti rimarcabili verità; 1. Che allora quando un corpo qualunque viene ad acquistare maggiore affinità verso il calorico, di quel che avea per avanti, oppure, il che torna lo stesso, quando si accresce in lui, e si aumenta la capacità di contenerlo, lo assorbe egli tosto in allora dagli altri corpi circonvicini, e produce in essi un abbassamento di temperatura. 2. Che per l'opposto quando si diminuisce in un corpo la sua affinità verso il calorico, e per conseguenza si minora la sua capacità in contenerlo, allora ne abbandona egli una porzione, la quale distribuendosi fra gli altri corpi circostanti, ne rialza la temperatura. 3. Che quando un corpo solido se ne passa allo stato di liquido, oppure, un corpo liquido allo stato aeriforme, acquista allora una maggior capacità verso il calorico, lo toglie quindi agli altri corpi, ed è cagione che essi si raffreddino. 4. Che quando un corpo aeriforme se ne ritorna allo stato di liquido, oppure un corpo liquido allo stato di solido, perdendo in allora della sua capacità verso il calorico, ne abbandona una porzione, che distribuendosi fra gli altri corpi contigui, è motivo che essi si riscaldino[4]. 5. Che l'agitazione dell'aria in qualunque modo venga essa operata o dalla natura, o dall'arte, rende per l'ordinario più abbondante, e più celere il passaggio de' corpi liquidi allo stato aeriforme, e quindi è cagione di un più pronto, e più sensibile raffreddamento. Partendo da questi principj, che una serie d'infinite sperienze ha renduti oramai incontrastabili, possiamo agevolmente comprendere per qual modo l'agitazione del ventaglo scemi in noi la sensazione del caldo.
Per l'ordinario in tempo di state noi ci troviamo in una più, o meno abbondante traspirazione: tutta la superficie del nostro corpo è irrigata da un fluido, che trasuda da' pori cutanei, ed a misura che comparisce all'esterno, si va anche di mano in mano volatizzando, e si cambia in vapore: per sussistere in questo stato di vapore, ei abbisogna di una dose più abbondante di calorico, che va successivamente strappando da tutto ciò che esiste allo intorno, e segnatamente dalle nostre membra[5]. Ora se la volatilizzazione di questo fluido da noi traspirato si compie spontaneamente, ella è assai scarsa, ed il grado di rinfrescamento che ne risulta, si rende presso che del tutto insensibile. Uno dei mezzi per renderla più copiosa, ed aumentare in conseguenza la freschezza, che indi ne deriva, è quello di agitare l'aria d'intorno; come l'esperienza tutto giorno cel dimostra. Ella ne rimarrà appieno convinta, se prendendo quel medesimo Termometro, di cui poc'anzi le dicea, il quale essendo asciutto, non le diede il minimo indizio di abbassamento, farà sì, che ne sia prima inumidita la palla, immergendola entro l'acqua, ed in vicinanza ad esso venga poscia ad essere agitato il ventaglio, alla maniera sopra descritta[6], vedrà che il mercurio si abbasserà tosto di alcuni gradi; il che non può altrimenti avvenire, se non perché l'agitazione dell'aria accellerando la volatilizzazione di quel po' di acqua, di cui n'è inumidita la palla, col ridurla prontamente in vapore; questa nel suo pronto passaggio allo stato di vapore, trae seco una porzione più copiosa di quel calorico, ch'è aderente al mercurio, e lo fa discendere lungo il cannello. Un metodo quasi simile vien praticato da' viaggiatori dell'Africa quando prema loro di rinfrescare dell'acqua, per uso di bevanda, o di altro. Versano l'acqua entro un vaso foderato al di fuori di panno, o di simili altre materie facili ad imbeversi di umidità; lo inumidiscono esteriormente, lo espongono ad una corrente di aria. L'umidità esterna in forza della corrente dell'aria, prontamente si volatilizza, trae seco una quantità di calorico a spese dell'acqua, ch'è chiusa nel vaso, la quale in conseguenza si raffredda.
Ma con qual mecanismo, o per qual via l'agitazione dell'aria promove ella, e rende più copiosa, e più celere la svaporazione de' fluidi? Niente di più facile a concepirsi quando si voglia por mente, che pel compiuto magistero della svaporazione due cose si rendono necessarie, cioè il passaggio del liquido allo stato di vapore, e la dissoluzione di questo vapore medesimo nel seno dell'aria. A misura che un fluido si sublima in vapori, l'aria circostante li discioglie, di sorte che se per qual siesi motivo l'aria diviene o meno idonea, o del tutto incapace di più discioglierli, anche il fluido stesso cessa o dello intutto, od in parte dal suo svaporare. Ora l'aria non può caricarsi, se non se di una data quantità di vapore, la quale è in ragion composta della sua densità, del suo calore, e del grado della sua siccità. Dal che ne siegue, che trovandosi alla superfizie di un fluido svaporante uno strato di aria ferma, ed immobile, senza punto essere rinovellata, quando è giunta essa ad impregnarsi di quella tal copia di vapori, di cui secondo le attuali sue circostanze è suscettibile, essa non ne riceve più, e cessa allo stesso tempo anche la svaporazione. Per la qual cosa tutta l'arte consiste nel fare, che ad uno strato di aria già pregna di vapori ne sottentri un altro, e a questo un terzo, e così successivamente, il che appunto si eseguisce, mediante l'agitazione del ventaglio, o di qual siesi altro strumento. Finché l'aria, che si sta d'attorno, non è ventilata, presto ella si carica del vapore da noi traspirato, ed impedisce ad un tempo la formazione di altri vapori. Col dar moto al ventaglio, noi scacciamo quest'aria già divenuta poco idonea a caricarsi di nuovi vapori, e ne sostituiamo altri strati di aria più asciutta, e quindi più idonea a favorire un tale svaporamento. Di un metodo quasi simile ci serviamo ne' nostri laboratoj di chimica, allorché ci prema di accelerare la svaporazione di qualche liquido. Alla superficie del vaso svaporante diriggiamo col mezzo di un mantice, e di altro, una corrente di aria, la quale spingendo via gli strati già pregni di vapore, ne fa succedere degli altri più avidi di esserne impregnati; nel qual modo si sollecita, e si affretta notabilmente l'operazione.
Dal fin qui detto si può facilmente comprendere la ragione per cui il medesimo grado di calore ci riesca più fastidioso, e molesto, quando il tempo è umido di quel che sia quando l'aria è asciutta. L'aria quando è umida è meno atta a caricarsi di nuovi vapori; la svaporazione quindi alla superficie del nostro corpo si rallenta; meno vapori si formano, e meno calorico viene assorbito. Il ventaglio stesso in simili casi non fa altro, che sostituire ad un'aria già pregna di vapori, altra aria, che ne è quasi egualmente pregna; e quindi lo stato di penosità, e di languore, in cui ci troviamo[7].
Lo stesso pure dee dirsi rapporto alla diversa indole del vento. Quei venti che spirano da Ostro, o Scirocco, per lo più riescono caldi, e quelli che ci vengono dalle parti del Nord, quasi sempre freddi. Se di ciò ne ricerchiamo la ragione, comunemente ci vien risposto; perché i primi partono da paesi caldi, ed i secondi ci recano l'aria dei climi freddi; ma ciò non sussiste, né può conciliarsi co' principi della sana fisica. Egli è insostenibile, che una colonna d'aria scorrendo mille, o mille, e cinquecento miglia abbia ad arrivare fino a noi senza essersi prima equilibrata colle temperature a noi più vicine; tanto più che per trascorrer tutto questo spazio si richiede un tempo assai notabile. In fatti se noi esporremo alla corrente del vento, da qualunque parte egli spiri, un termometro, ei marcherà per un di presso la temperatura comune degli altri luoghi difusi dal vento, quando la palla non ne sia stata prima inumidita[8]; segno evidente, che l'aria recataci da qual siasi parte, o regione, si riduce alla temperatura del nostro clima. La causa dunque, per cui i venti australi riescono caldi, e perché passando questi sopra sterminata superficie di mare, portano a noi delle colonne di aria sopraccariche di acqua in vapore. Quest'aria lungi dal poter assorbire altri nuovi vapori; depositano anzi una gran quantità di quelli, che tiene in dissoluzione, i quali condensandosi, ritornano allo stato della primiera loro liquidità, e nello stesso tempo abbandonano una copia ben grande di calorico, il quale distribuendosi fra i corpi circostanti, ne rialza la temperatura. Per contrario i venti settentrionali si recano per lo più un'aria secca, ed asciutta, un'aria che possede una massima attività di assorbire gli acquei vapori; li assorbe di fatto da tutti i corpi inumiditi, ed insieme con essi assorbe tutta quella prodigiosa quantità di calorico, ch'è richiesta al loro stato di vapore; e quindi il freddo, che ne risulta dallo spirar de' venti settentrionali. Il rinfrescamento dunque che nasce dall'agitazione dell'aria, o si operi questa artificialmente col mezzo del ventaglio, o naturalmente per via del vento, non è perché ad un'aria calda si sostituisca un'aria più fresca, come comunemente dal volgo vien creduto; ma perché ad uno strato di aria già divenuta pregna di vapori, si vien succedere altri nuovi strati d'un'aria più asciutta, più avida di vapori, ed in conseguenza più idonea ad assorbire il calorico, e a rendere più soffribili i suoi effetti.
Del resto fuori anche dell'uso del ventaglio, non mancherebbero altri mezzi ancora più efficaci, a mitigare la noja del calore estivo, se questi d'altronde fossero egualmente praticabili, e meno nocivi alla salute[9]. Imperciocché essendo la minorazione del calor sensibile sempre in proporzione alla copia de' vapori, che si vanno formando; egli è certo, che se in vece di essere noi aspersi di sudore, lo fossimo di qualche altro fluido più pronto a volatizzarsi, e a passarsene allo stato di vapore, maggiore sarebbe altresì la copia del calorico assorbito, e più rimarcabile l'effetto, che ne vorremmo a conseguire. Il sudore da noi traspirato, quantunque di natura acquea, pure è pregno di materie saline, le quali ritardano sempre la svaporazione; ed oltr'a ciò, è desso affetto da un certo grado di viscidità, che il rende ancora più tardo a quest'oggetto. Se in iscambio noi fossimo aspersi di acqua, essendo questa più facile a risolversi in vapore, anche il rinfrescamento sarebbe più sensibile: molto più ancora, se in vece di acqua ci venisse talento d'inumidirci di spirito di vino, o di altro liquore ancora più pronto alla volatilizzazione; l'effetto, che se ne otterrebbe, sarebbe tanto rimarcabile, che in breve tempo potrebbe divenire per noi fatale. Per questa ragione l'immortale Franklin, sempre originale nelle sue idee, ebbe ad asserire, esservi la maniera, onde un uomo verrebbe a morire intirizzito di freddo ne' più eccessivi bollori della state. Basterebbe, dic'egli, aspergerne tutto il corpo, ed a più riprese di essere il più volatile, ed il più puro. Questo fluido penetrantissimo nell'atto di passarsene, con una quasi istantanea rapidità allo stato di vapore, verrebbe a togliere, e a portar via dal corpo una quantità così eccessiva di calorico, che continuandone per qualche tempo, senza interrompimento l'aspersione, sarebbe in fine costretto a dover cedere al rigore, e all'intensità del freddo.
Io mi lusingo, Illustre, e Nobil Dama, che attesa la finezza del di lei discernimento, per cui un nuovo titolo si è ella acquistato alla stima di tutti coloro, che hanno il bene di conoscerla; mi lusingo, dissi, che se ne rimarrà ella interamente persuasa delle ragioni, e delle dottrine, che brevemente le ho esposte. Intorno alla fisica teoria del ventaglio; né altro più mi rimane, se non se di sospirare altre nuove occasioni per darle contrassegni più autentici di quel vivo rispetto, onde mi pregio di essere ec.
[1] Il Ventaglio è quell'istrumento, che serve ad agitar l'aria per rinfrescarse ne' tempi caldi. Questo costume ci venne dall'Oriente, ove il calor del clima ne rende quasi indispensabile l'uso di questo strumento. Presso i Greci si dà un ventaglio a' diaconi nella loro Ordinazione, il che indica essere presso loro ufficio del Diacono di rinfrescar l'aria d'attorno al Ministro celebrante.
[2] Il calorico, conosciuto altre volte sotto il nome di materia del calore, è una di quelle sostanze finora riconosciute semplici, né deesi confondere con ciò, che chiamiamo fuoco. Il fuoco è un essere composto nella cui formazione v'entrano due principj, cioè il calorico stesso, e la luce, i cui effetti sono ben diversi; mentre l'effetto del calorico è quello di dilatare il volume dei corpi, e quello della luce di farci distinguere gli oggetti. Il calorico dunque non è propriamente il fuoco; ma uno de' principj costituenti il fuoco.
[3] In due maniere diverse trovasi il calorico sparso fra i corpi, cioè, o come libero, o come combinato. Dicesi libero, allorché per mettersi in equilibrio se ne passi liberamente da un corpo all'altro, senza che il corpo, da cui parte, cessi di esistere nel medesimo stato di prima. Dicesi poi combinato quando in forza della mutua affinità è talmente aderente a' corpi, che forma una delle loro parti costituenti. Così l'acqua riscaldata per esempio ai 15 ai 20 ai 30 gradi del Termometro, contiene in se queste due maniere di calorico; l'una di calorico libero, che la tiene innalzata agl'indicati gradi di temperatura, perdendo la quale, l'acqua rimane tuttavia nel suo stato di liquidità; e l'altra porzione di calorico combinato necessario a mantenerla nello stato di acqua, e perdendo la quale, l'acqua si converte in ghiaccio, e lo stesso pur dicasi degli altri corpi.
[4] Infiniti sono gli esempj, che ci comprovano alla giornata la veracità di questi principj. Per qual cagione nell'atto che nevica attualmente sentiam minorarsi sensibilmente il freddo? Perché l'acqua della pioggia passandone dallo stato di liquidità ad uno stato di maggiore addensamento quale si è quello della neve, non può più contenere tutta quella quantità di calorico, che contenea per avanti; ne abbandona una porzione, la quale distribuendosi per l'atmosfera, diminuisce la rigidezza del freddo. Per quale cagione versando dell'acqua sopra la calce viva, si sviluppa un calor sì sensibile? Perché una porzione della detta acqua nell'atto di unirsi alla calce perde in un istante la sua fluidezza, e diventa solida, come l'esperienza stessa decisivamente cel dimostra; abbandona quindi tutto quel calorico, che eccede l'attual sua capacità, il quale ci si rende manifesto per entro al mescuglio. Per qual cagione mescolando insieme del ghiaccio, e del sale, ne risulta un freddo sì atroce? Perché in questa mescolanza tanto il ghiaccio, che si dilegua, quanto il sale, che si discioglie, se ne passano allo stato di liquidezza, si aumenta la loro capacità verso il calorico, lo assorbono da tutti i corpi in contatto, e quindi l'effetto, che ne risulta. Per qual ragione in fine quell'immenso sviluppo di calore nelle ordinarie combustioni? Perché l'ossigeno, che formava prima la base dell'aria vitale, unendosi in forza di una prepotente affinità ai principj del combustibile, si riduce ad uno stato di massimo addensamento, ed abbandona tutta quella immensa copia di calorico, che tenealo in istato aeriforme, il quale ci si manifesta in una maniera sì terribile, ed imponente.
[5] Il rasciugamento del sudore, che succede talvolta attorno di noi, e che tanto ragionevolmente vien temuto da ognuno, riesce pregiudizievole non solo a motivo della retrocessione dello stesso pe' pori assorbenti; ma altresì, e molto più a motivo che passandosene esso allo stato di vapore, trae seco, ed assorbe una gran quantità di calorico; il corpo quindi si raffredda, i vasi esalanti si ostruiscono, il sudore si sopprime; nasce una costipazione, i cui effetti sono più, o meno fatali alla salute di chi li soffre.
[6] Io eseguisco l'esperimento qui descritto in una maniera che non ardisco di suggerire a chiunque, per la ragione che quando non si opera con destrezza, e cautela, si corre pericolo di mandare in pezzi ogni cosa. Inumidita prima la palla del Termometro, appendo l'istrumento a un forte spago, e lo giro velocemente a guisa di fionda. Siccome quanto più rapida è la corrente di aria, tanto più sensibile è l'abbassamento del mercurio; così in questo modo, essendo velocissimo il movimento, giungo a farlo abbassare di sei, e fin di otto gradi.
[7] Non solo il caldo, ma il freddo eziandio ci si rende più molesto, quando è accompagnato da tempo umido, avvegnacché per una ragione alquanto diversa. Noi proviamo il sentimento del freddo, come abbiam veduto più sopra, allorché una porzione del nostro calorico se ne esce con rapidità da noi per distribuirsi all'equilibrio fra gli altri corpi, che ci stanno d'attorno. Ora fra tutti i corpi alcuni ve ne sono, come l'acqua, i metalli, ec. i quali attraggono il calorico con maggior celerità, e più prontezza, e chiamansi perciò buoni conduttori del calorico; altri per l'opposto lo ricevono con maggior lentezza, come i legni secchi, la lana, i panni, ec. ond'è che si dà loro nome di cattivi conduttori del calorico. Quindi è che se nella rigida stagione noi toccheremo una lastra di ferro, questa ci sembrerà molto più fredda di quel che sarebbe un pugno di bambagia, o di lana, quantunque fossero amendue alla stessa temperatura; perché il ferro ci porta via, essendo buon conduttore con più prontezza il calorico, di quel che faccia la bambagia, o la lana. Il freddo dunque ci riesce più penetrante, ed acuto, quando l'aria è umida, di quel che sia quando l'aria è asciutta; perché l'aria umida diviene miglior conduttore del calorico libero, e ce lo toglie d'attorno con maggior celerità, e prontezza, di quel che faccia l'aria secca, ed asciutta.
[8] Negli sperimenti che siam soliti praticare col Termometro, oltre l'avvertenza che la palla di lui sia od asciutta, oppure, inumidita, conforme allo scopo, che ci siam prefissi; dobbiamo avvertire altresì, che lo strumento sia montato in una tabella di metallo, e non di legno. Il legno s'imbeve facilmente di umidità, della quale poi poco a poco se ne spoglia. Ora se noi faremo uso del Termometro, nell'atto che la tabella di legno si va rasciugando, il vedremmo tenersi al di sotto, di quel che porti l'attuale temperatura; per la ragione che la detta umidità, passandosene allo stato di vapore, porta via una porzione del (parole illeggibili); e lo fa discendere più del dovere.
[9] Qualunque sia il mezzo da noi adoperato per passarsene da una temperatura calda ad una temperatura più fredda, non escluso neppure quello del ventaglio, riesce sempre più, o meno pregiudizievole od almeno pericoloso alla nostra salute. Uscendo il calorico dal nostro corpo, specialmente se l'uscita è rapida, le nostre fibbre si costipano, i pori si ostruiscono, la traspirazione resta impedita, gli umori si addensano; e quindi gl'infreddamenti, le diarree, le peripneumonie, le infiammazioni, le stasi, e simili altri malori. Non sono rari i casi di coloro, che estuanti di calore, col solo prendere un bicchiere di acqua freddissima, rimasero quasi repentinamente assaliti dalla morte. Che se l'uso del ventaglio non cagiona per l'ordinario sì perniziosi effetti, ciò è perché il rinfrescamento da lui cagionato è mite; perché lo produce in una sola piccola parte del nostro corpo, quale si è la faccia, e perché l'uso, e l'assuefazione ce ne hanno renduti meno sensibili gli effetti.
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