RICERCHE FISICHE
Sopra la fermentazione vinosa,
presentate al concorso dell'anno 1787 e qualificate con l'Accessit dalla Reale Accademia de' Georgofili di Firenze.
(Opere del Padre Giovambattista da S. Martino Lettor Cappuccino, Tomo Secondo, Venezia 1791 pag. 123-240)
... Tibi pampineo gravidus autumno
Floret ager; spumat plenis vindemia labris.*
Virg. Georg. Lib. II.
Ce n'est point ici un Système; ce ne sont point le[s] fantaisies d'un homme; ce sont les décisions de l'experience, et de la raison; et les fondemens d'un èdifice immense.
Encyclop. Art, et Mètier. Tom. I. Pref.
INTRODUZIONE
Tra le avventurose rivoluzioni di un Secolo, in cui scosso il giogo degli antichi preguidizj, lo spirito umano si rivolge con ardore alle utili scienze, e l'Agricoltura, essendo divenuta l'oggetto di tutti coloro, che pensano, va facendo dei rapidi progressi in ogni ben disciplinato Governo; in questo secolo filosofico, in cui il fremito del pubblico bene risuona agli orecchi, ed agita i cuori di tutti gli uomini, i quali riguardandosi oramai come individui d'una sola Famiglia, pongono ad esame, ed a calcolo tutto ciò, che in qualche guisa può interessare l'umanità; fra lo strepito, io dico, di tante voci riunite, tra questo universale fermento, più non dovea dilazionarsi un progetto, che ha tanta influenza sul bene universale di tutti, che ha per iscopo il raffinamento d'uno de' migliori prodotti, e da cui viene, direi quasi, a dipendere la metà della nostra sussistenza. La Reale Accademia de' Georgofili di Firenze, quella Società, che fa tanto onore all'Italia, al secolo nostro, alle scienze, e che risplende con tanta gloria in faccia alle culte Nazioni, dessa fu, che colma delle viste più luminose ed interessanti, e ben persuasa, che il miglioramento dei vini sia, qual è in realtà, un capo di sommo rilievo alla pubblica economia, al vigor del commercio, alla felicità dello Stato, propose con una magnificenza pari al suo zelo alla pubblica discussione il seguente vantaggiosissimo Argomento: Trovare la fisica teoria della fermentazione vinosa appoggiata all'analisi del liquor fermentabile, e confermata con l'esperienza: Trovare un criterio facile adattato all'intendimento delle genti di Campagna, per cui giudicare delle qualità del mosto: Indicare i mezzi di applicare i suggerimenti della teoria alla pratica in ogni circostanza, onde risulti, relativamente all'indole d'ogni specie di mosto, secondo ch'è costituito di conosciute quantità di principj, un vino dotato delle migliori qualità, e specialmente di quella di essere atto al trasporto, e capace di lunga conservazione.
Il soggetto è vasto, luminoso, interessante: si comprende l'estensione delle vaste sue mire: non resta dubbioso il vantaggio, che produrrà nel sistema della Nazione. Possa almeno io trattarlo in maniera da non degradarne la dignità; possano i miei sforzi, e la ingenua confessione della mia debolezza meritarmi almeno l'indulgenza, ed il perdono. Avrò io dunque il coraggio di alzare una mano per afferrare questa produzione sublime? Il farò se non altro per dare un maggior risalto alle erudite Dissertazioni degli altri concorrenti: il farò per porgere agli augusti Padri un confronto, onde meglio risplenda il purgatissimo loro giudizio nel pronunciar della più degna.
Ad oggetto di riuscire più facilmente in questa intrapresa, per dare un certo ordine alle mie idee, per ispargere in una materia sì complicata quella chiarezza, ch'è necessaria, perché si renda a portata d'ognuno, restringerò le mie ricerche ai tre punti seguenti, al lavoro, cioè, al soggetto, al prodotto della fermentazione vinosa. Io piglierò le cose in origine; l'Analisi del liquor fermentabile sarà il punto d'appoggio, l'esperienza mi servirà ad ogni passo di guida; seguirò d'un occhio instancabile la Natura, e mi formerò un domma di non allontanarmi giammai dalle sue vie. Metterò in vista il lavoro della fermentazione vinosa, coll'esporne la fisica teoria: determinerò il soggetto idoneo a questa grande operazione, insinuando un criterio facile per giudicare delle qualità del mosto: suggerirò i mezzi, onde perfezionarne il prodotto, additando la maniera pratica per far che risulti, relativamente ad ogni specie di mosto, un vino dotato delle migliori qualità. Il campo è spazioso: le idee mi si affolano da ogni parte: io procurerò di respingere le meno necessarie; alcune ne sacrificherò alla difficile brevità, altre ne gitterò fra le Note; avrò in somma l'attenzione di rendermi il meno nojoso, che sia possibile, ed insieme di non mancare a ciò, ch'è richiesto per la soluzione dell'enunciato Programma.
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Fermentazione vinosa |
PARTE PRIMA
Ricerche Fisiche intorno al lavoro della fermentazione vinosa.
La fermentazione vinosa è uno di quegli spettacoli, che traggono a se la riflessione dei dotti: ella forma un soggetto di sorprendimento, e di studio al Fisico illuminato: l'occhio filosofico la contempla, e vi si perde; non potendo abbastanza concepire l'ordine ed il rapporto, ch'ella tiene nella concatenazione, e nella serie delle naturali produzioni. Quello che dietro la scorta dei migliori Chimici abbiam potuto scuoprire si è, che tutti que' corpi i quali hanno sofferta la fermentazione vinosa, serbano un'insita inclinazione, e sono generalmente disposti per avanzarsi alla fermentazione acetosa, e quindi con passi di più, o meno celerità eziandio alla fermentazione putrida: il che ci fa riguardare ciascuno di questi avanzamenti non come altrettanti stati diversi, ma come tre semplici gradi di una sola, e medesima fermentazione. Di questa carriera giugne la Natura a struggere sordamente, e a decomporre quelle vecchie macchine, che sortiscono un tempo dalle sue mani: ella dissipa con un lento moto di vera chimica dissoluzione l'organico intreccio de' suoi primi lavori per riempire quindi il vuoto d'enti novelli, sottoposti ancor essi a subire un tempo il medesimo destino. A questo fatale destino vanno di mano in mano soggiacendo tutti gli esseri organizzati, che appartengono al regno animale, o vegetabile, avvegnaché non tutti vi pervengano d'un passo, e d'una maniera uniforme. Imperciocché moltissime sostanze, per quanto almeno apparisce a' sensi, non sono suscettibili, che della sola putrefazione, mentre altre cominciano dall'inacetire, e finiscono col putrefarsi; e solo alcune poche serbano il privilegio di non passarsene ad ulteriori gradi, se non a patto d'aver prima sensibilmente sofferta la fermentazione vinosa. Tali sono tutti i corpi muccosi uniti ad un principio zuccherino; come gli estratti di varie piante, le infusioni, o le decozioni delle farine, il latte degli animali frugivori, lo zucchero, il miele, i frutti dolci, acquidosi, e maturi, e sopra tutto il sugo espresso dall'uve mature, che tra i liquori fermentabili ottiene il primo luogo, e solo fisserà lo scopo delle fisiche nostre Ricerche.
A tessere quindi la Storia della fermentazione vinosa, e a metterne in chiaro gl'intrecciati lavori, secondo le avvedutissime richieste della Reale Accademia Fiorentina, cominceremo dall'istituire l'analisi del mosto, e del vino; osserveremo la varietà de' principj, che si ricavano da questi due differenti liquori; seguiremo dietro la scorta dell'esperienza i successivi cambiamenti nella trasmutazione dell'uno nell'altro; risaliremo quindi alla sorgente della grandiosa metamorfosi; di là scenderemo a rintracciarne i fenomeni, i risultati, i prodotti; e vedremo quali utili conseguenze possa trarre l'Agricoltura, e la Fisica dalla contemplazione di questi oggetti.
ARTICOLO I.
Analisi del Mosto, e del Vino, e loro risultati.
Da alcune esperienze, che a tutto rigore io avea precedentemente istituite, ho raccolto le seguenti utili cognizioni, che mi servirono in progresso di fondamento, e di appoggio ad altre nuove perquisizioni, e ricerche. 1. Che i principj costituenti il mosto, sono l'acqua, l'acido libero, il tartaro[1], la parte gommosa, la porzione colorante, la materia zuccherosa, l'alcali fisso, la terra, ed un po' di olio essenziale. 2. Che la materia zuccherosa essa pure è un composto di acido, di flogisto, di terra, e di acqua. 3. Che tra i principj del mosto v'entrano tre sorti di acido, o dirò meglio, un solo acido in tre maniere modificato; l'acido libero, ch'è quell'acido rude, ed acerbo, proprio delle frutta immature, l'acido del tartaro, e l'acido dolcificato, ch'entra nella composizione della parte zuccherosa, il quale in origine non è che il medesimo acido rozzo, ma involto, e raddolcito dal flogisto. 4. Che il cambiamento dell'acido acerbo in acido prima tartaroso, poi dolcificato è opera della vegetazione; la quale si compie col maturarsi dell'uva, e degli altri frutti. Quindi quanto più mature sono le fratta, tanto più scema in esse la dose dell'acido libero, e si aumenta quella dell'acido addolcito. 5. Che per quanto le uve sieno mature, vi resta sempre una qualche porzione di acido tartaroso, e di acido rude. Ora per istabilire queste verità fondamentali con prove più circostanziate, e più certe, ho istituita la seguente analisi del mosto.
Da una specie di uva rossa, e perfettamente matura, che avea raccolta in un colle aprico, di un fondo arenoso, calcare, cui eravi frammischiata una piccola dose di argilla, espressi cinquanta due once di mosto. Questo era torbido al solito, di colore rossigno, e di un sapore assai dolce. Feltrai replicatamente per carta emporetica il mosto; e ciò, che rimase sopra il feltro, era un composto di parti mucilagginose, gommose, ed una piccola porzione di resina, e materia colorante, al peso di oncie tre, dramme due. Per separare queste due sostanze mi servii de' mestrui convenienti. Primieramente feci digerire questa materia con l'acqua per estrarne la mucillagine, ossia la parte gommosa, e quando l'acqua non ne estraeva più, replicai il medesimo lavoro con lo spirito di vino per disciorne la parte resinoso-colorante. Distillai in appresso queste due dissoluzioni: e la tintura spiritosa mi lasciò in fondo alla storta un carbone spugnoso del peso di due dramme, da cui avendolo calcinato, ottenni dodici grani di alcali fisso vegetabile, ed il resto ridotto al peso di grani 26 era sostanza terrea. Distillata similmente la tintura acquosa, il residuo sembrava una sostanza della natura delle gomme, dalla quale ridotta a siccità, e calcinata, ricavai grani 25 di terra. Quella porzione di materia, sulla quale né l'acqua, né lo spirito di vino ebbe alcuna azione, calcinata che fu, mi diede grani 34 di terra.
Compiuta questa operazione intorno alla materia rimasta sul feltro, mi recai ad analizzare il mosto, il quale dopo la feltrazione si ridusse ad once 48. Primieramente vi mescolai otto oncie di Magnesia, la quale assorbì tutto l'acido libero: Sicché feltrato il mescuglio, il mosto restò once 47 dram. 7 grani 48 avendo con ciò acquistato un sapore affatto dolce senza il minimo indizio di acidità. E' facile quindi il concepire, che il decremento dei grani 12 ond'era formato il mosto, fosse in grazia dell'assorbimento dell'acido estrattivo fatto dalla Magnesia; mentre del mosto assorbito dalla carta, dal feltro, dai vasi ho tenuto un esattissimo conto, nè in veruna maniera contribuì al decremento qui indicato. In appresso feci passare il mosto alla distillazione, col qual mezzo ottenni once 41 dram. 4 di acqua limpida. Da principio l'acqua era alquanto lattiginosa, e bianchiccia; indizio della presenza dell'olio essenziale, ossia dello Spirito rettore del mosto: sicché agitandola alcun poco, vi si poté computare da tre in quattro gocciole del detto olio. Il residuo, ridotto alla consistenza di miele, che pesava oncie due, dramme tre, grani venti, era la parte zuccherosa mescolata con quel po' di feccia, che da principio ha potuto passare pel feltro.
Aveva più volte osservato, che lo zucchero è dissolubile nello spirito di vino, e che le parti mucillagginose non lo sono punto, infusi perciò sopra questa materia zuccherosa tre libbre di spirito di vino, tenendovela in digestione per qualche tempo, ed agitandola di quando in quando: indi decantato il liquore, e fattolo svaporare, ottenni un oncia, e grani 34 di un zucchero alquanto rossiccio, e diluto. L'altra parte mucillagginosa, che non fu disciolta dallo spirito, avendola calcinata, mi diede grani 22 di materia terrosa.
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Fermentazione del mosto |
Quantunque io fossi persuaso, che l'analisi del mosto portata fino a questo punto fosse più che sufficiente all'oggetto agronomico, cui è destinata; pure dallo zucchero testé nominato volli separare il suo acido; e la maniera più acconcia fu per mezzo dell'acido nitroso, secondo il metodo del Sig. Bergman. Feci quindi dissolvere lo zucchero in tre oncie di acido nitroso, estraendo poscia una gran parte di questo con una lenta distillazione: quando il liquore incominciò ad acquistare un color nericcio, vi versai tre altre oncie del medesimo acido nitroso, riassumendone tosto la distillazione; ed il medesimo replicai per la terza volta, dopo la quale, raffreddato il residuo, ottenni il sale acido[2] concretto dello zucchero, il quale riasciugato giunse al peso di una dramma, e grani 20.
E' noto oramai a chiunque svilupparsi dal mosto un volume molto considerabile di aria fissa, la quale sembra che risulti dall'unione del flogisto, che si svolge dal mosto con l'aria atmosferica, cui si combina: ma egli è noto altresì, che quest'aria fissa è un prodotto della sola fermentazione vinosa. In fatti dall'artifizio testé nominato, di cui mi sono servito per separare il flogisto dall'acido dello zucchero, si comprende pienamente, che attesa la molta aderenza, onde sono scambievolmente uniti questi composti due principj, co' metodi ordinarj della chimica né ci riesce di separare il flogisto dall'acido zuccheroso, né in conseguenza si ottiene aria fissa, se non forse in pochissima quantità. Per conoscere adunque la qualità, e la dose dell'aria fissa, che si sprigiona dal mosto, mi sono servito del mezzo della fermentazione. Collocai entro un vaso altre 52 oncie di quel mosto medesimo, di cui avea fatto uso nell'analisi precedente, ed il riposi in un ambiente de' più favorevoli a questo lavoro. Chiusi l'orificio del vaso con un imbuto, il collo del quale si dirigeva ad un apparato pneumato-chimico ad acqua, la cui superficie io avea ricoperta con uno strato di olio[3] affinché il gaz, che dovea di mano in mano svilupparsi dal mosto, non venisse contemporaneamente assorbito dall'acqua dell'apparato. In venti giorni, onde continuarono gli effetti sensibili della fermentazione, si svolsero da 460 pollici cubici parigini di aria fissa. Sapendo però che una porzione di questo gaz dovea essere stata assorbita dal vino, la estrassi in appresso dal medesimo con l'ebollizione, e ne raccolsi altri 160 pollici, che uniti ai primi formano pollici cubici 620. Dalle varie prove, che feci sopra questo gaz trovai primieramente, che in esso v'erano mescolati 16 pollici di aria infiammabile, sicché l'aria fissa rimase pollici 604. In secondo luogo il peso specifico di quest'aria era a quello dell'aria comune come 1530 a 1000. In appresso la trovai affatto incapace a mantenere la vita degli animali, e la combustione; mentre le faci in essa immerse si estinguevano nel momento, ed un sorcio in meno di 15 secondi vi cessò di vivere. Finalmente questo gaz intorbidava l'acqua di calce; e gli alcali caustici tanto fissi, che volatili entro ad esso in poco tempo si raddolcivano, e si cristalizzavano.
Compiuta l'analisi del mosto, mi recai ad analizzare anche il vino, per avere un giusto confronto de' principj diversi, che costituiscono questi due liquori. Presi dunque 52 oncie di vino rosso, ch'era stato fatto con la stessa uva, della medesima qualità, e del medesimo fondo, da cui avea ottenuto il mosto della fin qui descritta analisi. Il vino avea tre anni ed era chiaro, generoso, e robusto. Per mezzo di una lenta, e replicata distillazione ricavai primieramente oncie 45, dramme 4 e grani 20 di acqua, ed un'oncia, dramme 5, grani 20 di spirito ardente, per entro al quale vi si poteano computare da due goccie di olio essenziale aromatico. Volendone ottenere l'aria fissa, il recipiente era costruito in tal forma, ch'essendo strettamente unito al becco del lambicco, comunicava altresì per mezzo d'un altro tubo con l'apparato pneumato-chimico; sicché nel tempo medesimo, che il liquor distillato gocciolava nel recipiente, il vapore elastico dal recipiente ascendea attraverso dell'acqua entro all'apparato[4]. In tal guisa ottenni 180 pollici cubici circa di aria fissa, dotata delle medesime proprietà, ond'era quella, che avea ricavata dalla fermentazione del mosto. Il residuo, che pesava oncie 1, e dramme 6, era una materia di un rosso cupo, d'un sapore austero, e di una consistenza simile al miele, dal quale ho estratto prima 6 gr. di tartaro. Indi mescolai questo residuo nella maniera solita, prima con l'acqua per estrarne la parte mucillagginosa, e poscia con lo spirito di vino per cavarne la materia colorante, e resinosa. Distillata la dissoluzione acquosa, rimase in fondo alla storta una materia nericcia, da cui, col calcinarla, ricavai otto grani di terra. Dal residuo già calcinato della tintura spiritosa ebbi sedici grani di terra, la quale per mezzo della lisciviazione mi diede grani cinque di alcali fisso. E da ciò, che non poté esser disciolto né dall'acqua, né dallo spirito, ho ricavati grani 14 di terra. Ecco pertanto nella qui apposta tabella uniti in un solo punto di vista i risultati delle due precedenti analisi del mosto, e del vino.
Analisi del Mosto | |||
Da once 52 di mosto risultò | |||
Aria fissa | poll. cub. | 604 | |
Aria infiam. | poll. cub. | 16 | |
Olio essenziale alcune gocce | |||
onc. | dr. | gr. | |
Acqua | 41 | 4 | 0 |
Acido estrattivo | 0 | 0 | 12 |
Terra | 0 | 1 | 47 |
Alcali fisso | 0 | 0 | 12 |
Parte zuccherosa | 2 | 3 | 20 |
Acido di zucchero | 0 | 1 | 20 |
Tartaro | 0 | 1 | 0 |
Analisi del Vino | |||
Da once 52 di vino risultò | |||
Aria fissa | poll. cub. | 180 | |
Olio essenziale alcune gocce | |||
onc. | dr. | gr. | |
Acqua | 45 | 4 | 20 |
Terra | 0 | 0 | 38 |
Alcali fisso | 0 | 0 | 5 |
Spirito ardente | 1 | 5 | 40 |
Tartaro | 0 | 0 | 6 |
Otto furono i confronti, che in seguito ho istituiti con l'analisi duplicata del mosto, e del vino, scegliendo sempre liquori espressi da varie specie di uva, raccolta da diversi terreni, in differenti campi, ed a vario grado di maturità, da cui n'ebbi i seguenti risultati, che serviranno di fondamento, e di base alle idee, che di mano in mano andremo sviluppando. 1. Tanto dal mosto, quanto dal vino ho ottenuti sempre i medesimi principj sopra indicati. 2. Quanto alla dose, questi principj variavano di molto, secondo le varie circostanze, che or ora esporremo. 3. Le uve più mature, quelle de' colli, de' terreni calcarj, quelle raccolte in tempi asciutti somministravano in proporzione una maggiore quantità di materia zuccherosa nel mosto, e di spirito ardente nel vino. 4. Per l'opposto le uve poco mature, quelle de' terreni cretosi, umidi, e bassi, quelle dell'annate piovose abbondavano d'acqua, e di acido rude. 5. Dal mosto ho ottenuta sempre una maggior quantità di mucillaggine, e di materia colorante, di quel che fosse dal vino[5]. 6. Lo sviluppo dall'aria fissa fu sempre minore nel vino[6], che nel mosto. 7. All'aria fissa non vi ho costantemente ritrovata unita l'aria infiammabile. 8. La differenza essenziale rimarcata tra i principj di queste due sostanze è, che il mosto somministra la materia zuccherosa, in luogo della quale il vino ci offre lo spirito ardente. Dal che ne siegue, che noi dobbiamo considerare la parte zuccherosa del mosto, o di qualunque altro liquor fermentabile, come la vera, e principale materia della fermentazione, la sola che sia atta a cambiarsi in spirito ardente.
* “A te gravido il campo degli autunnali grappoli già ride; a te spumosa ne' ricolmi tini ondeggia la vendemmia.” Libro II, 5-6 (traduzione di Bernardo Trento, La Georgica di Virgilio, Padova 1805).
[1] Ne' miei primi sperimenti non mi era riuscito di ottenere tartaro dal mosto; ma avendone replicate le prove: ne ottenni una piccola porzione. Da 52 oncie di ottimo mosto, che feci alquanto svaporare, dopo essersi raffreddato, ottenni una dramma di sale tartaro, cioè dell'intero volume.
[2] Mescolando lo zucchero con l'acido nitroso, il flogisto si separa dall'acido addolcito per unirsi all'acido del nitro, col quale ha una maggiore affinità, e lascia in abbandono l'acido zuccherino, il quale trovandosi sciolto dal flogisto, riacquista la sua acerbità primiera.
[3] L'apparato a mercurio, se non fosse troppo costoso, sarebbe il più opportuno in questa operazione; mercecché l'olio assorbe anch'esso dell'aria fissa, sebbene in una quantità assai minore dell'acqua.
[4] Feci uso di questo apparecchio nella sola prima distillazione del vino; mentre da questa soltanto, e non dalle altre successive, si ottiene l'aria fissa.
[5] Che il vino contenga una minor porzione di mucillaggine, e di materia colorante, di quel che contiene il mosto, la ragione sembra del tutto evidente; dacché il vino chiarificandosi per mezzo della fermentazione, depone una gran parte di queste sostanze.
[6] Il volume di aria fissa, che si svolge dal vino, varia d'una maniera la più incostante. Ciò dipende dall'avere esso fermentato in recipienti più, o meno chiusi, dall'essere stato conservato in vasi più, o meno otturati, più o meno pieni, in luogo più, o meno caldo, e da simili altre varie circostanze.
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