venerdì 3 agosto 2012

IL PROCESSO PER ERESIA DI MUSSOLENTE (VI) NEL XVI° SECOLO

Lo stesso giorno ma dopo pranzo, nel pretorio di Asolo il podestà sentito l’Inquisitore sull’operato della squadra di 13 tra comilitoni e ufficiali dispose di quantificare il costo in libbre 31 che vengono pagate subito dal cancelliere notaio di Belluno alla presenza anche del frate guardiano de SS. Angeli di Asolo.

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qui si stabilisce anche il prezzo che costerà il carcere a Benedetto Brentio ogni giorno: soldi 10 – testo di non facile lettura – e le spese saranno addebitate forse in parte solo al carcerato.

Si parla poi di una fideiussione con incarico dato a Francesco Benato precone di Asolo che riceve l’ordine di sequestrare il cavallo di Benetto che si trova presso la cugina donna Maria in altra famiglia che viveva presso il fu prè Lunardo pievano di Mussolente. Con quella fideiussione si possano pagare i debiti. Quindi si ordina di portare il cavallo ad Asolo per farlo stimare e poi tenerlo qui come controvalore.

A quel punto par di capire che l’Inquisitore e il rettore decidono per tornare a Belluno e di avvisare il podestà della città con alcune disposizioni.

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Il giorno di Domenica 24 marzo 1577 nel convento dei ss. Angeli di Asolo. All’ora di pranzo Aloysio Aleander vicario del podestà consegna la lettera pr il podestà di Belluno con le direttive e vi appone il sigillo di S. Marco. Si riporta quindi in copia la lettera.
E’ indirizzata al podestà Johanni Delfino rettore e capitaneo Cividali Bellunensi. Il podestà di Asolo con riferimento alla lettera presentatagli il 18 marzo lo informa che ha fatto tutto quel che è stato richiesto dall’Inquisitore. Inoltre lo informa “…s’attrova in queste priggioni incarcerato per tal imputazione d’heresia un Benetto Brenzo habitante in Mussolente e che lo vi terrà a loro disposizione, tutto quel che riguarda l’operazione la riferiranno a voce.”
Dopo la lettera il notaio riporta il pagamento al vicario del podestà a nome dell’Inquisitore due aurei coronati dal valore di libbre 14 per gli assistenti.

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Lo stesso giorno dopo pranzo l’Inquisitore assieme al notaio partono da Asolo; sembra di capire che l’Inquisitore ha un suo cavallo, il notaio no. Passano nel feltrino e pernottano a “Valtus”.

Lunedì mattina del 25 marzo 1577 arrivano a Feltre e presso il fiume di nuovo pernottano.

Martedì 26 marzo al mattino assieme con un altro unico cavallo arrivano infine a Belluno non senza ricorda il notaio aver preso pioggia.

 Giovedì 28 marzo 1577 di mattina nel pretorio di Belluno l’Inquisitore presenta la lettera del podestà di Asolo con le direttive. Una volta aperta e letta la porge al notaio per trascriverla.

Il 29 marzo 1577 il vicario del vescovo di Belluno e il padre Inquisitore dopo averne discusso assieme stabiliscono di informare di tutto il vescovo assente che si trova in Venezia il quale avrebbe poi dovuto far conoscere all’Officio lì quanto avvenuto in Mussolente e
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decidere nel merito della questione.

Giovedì 18 del mese di Aprile 1577
L’inquisitore riceve oggi da parte del vescovo le direttive da Venezia scritte in data 14 aprile di cui si riproduce la lettera.
E’ il vescovo di Cividal di Belluno che la scrive direttamente. Dice che il giorno di giovedì si vide nel suo officio (inquisitoriale) i signori prontissimi ma con il dubbio se fosse lecito quanto si committeva. Così – dice – subito andò in Venezia l’Inquisitore capo e uno di essi dai “signori capi di X”. I quali risposero che era di loro competenza e mandarono una lettera ai podestà di Asolo e Cividal. Il vescovo allora si ricordò che “i preggioni” partendosi da Asolo per andar a Cividal passano per il feltrino e ne mandò una copia anche al podestà di Feltre.
Il vescovo sottolinea che quella autorità concessa dai X è rivolta alla sua persona e quindi ha fatto di sua mano altre due lettere una per il podestà di Asolo l’altra per quello di Cividal.

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e visto che il podestà di Cividal se ne deve partire ne ha già scritta una indirizzata al successore e suggerisce, però, che il podestà “ne tenghi registro”. Del resto sentito privatamente l’Inquisitore ritiene che Benetto sia “convinto” mentre gli altri tre cioè Iseppo, Paris e Momin “siano da esso retenuti. E sebbene quei dui hanno detto di voler venire (in Belluno ), non bisogna però lasciarli incostuditi e per cercare la verità de complici e authori; la quali, quando non si havesse, seriano dei indegni di perdono. Et alcuni altri, che sono nominati sol talmente indiciati, che non si può far meno di non proceder più oltre con loro, et almeno costituirli”
Data da Venezia il 14 aprile 1577 di V. D. R. come fratello per servirla il vescovo di Cividal di Belluno

Una volta letta la lettera l’Inquisitore assieme al vicario iniziano a discutere e dopo “maturo colloquio” si decidono per far sì che immediatamente “quam primum equos invenire” disponibile l’Inquisitore si parta assieme al notaio per Asolo e faccia arrestare i tre nominati nella lettera.

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lunedì 22 aprile 1577 così partì portando con se le lettere e il decreto del consiglio dei X utilizzando una zattera fino all’abbazia di Vidor e di lì con un solo cavallo per entrambi arrivano ad Asolo.
Qui in previsione di impedire al più presto la fuga dei tre e senza rimandare la cattura facendo subito pubblicare l’ordine di arresto incontrano il cancelliere e vicario del podestà Domenico Gardellino da Vicenza, il quale però non sa come comportarsi in merito ad una decisione per cui serve il podestà. Chiamano allora in pretorio il padre minorita theologo di Asolo Benedetto Sicco già visto in marzo per l’arresto di Benetto. Informano anche lui di quanto deciso dall’Officio della Santa Inquisizione di Venezia e della assoluta necessità di un intervento urgente. Il vicario del podestà però non acconsente nulla.

Dopo di che nel convento dei ss Angeli di Asolo il padre Benedetto Sicco si attiva verso il cancelliere vicario del podestà con una precisa informazione in merito a quanto stabilito dal Santo Officio, che gli viene presentata; e tenta di convincere che non solo deve facilitare loro ma considerata l’assenza del podestà deve attogarsene i compiti.

Poi nello stesso luogo Aloysio Aleandro aiutante del vicario del podestà e Benedetto da Castelfranco comilitone del podestà iniziano i preparativi mentre della lettera d’accordo con l’Inquisitore se ne ordinò copia al notaio per Domenico de Marchi
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e perché nessuno gli potesse contestare nulla, dato che in questa causa non volle prendersene responsabilità nello stesso momento la lettera originale dei deputati con il sigillo di S. Marco di Asolo è sigillato e chiuso e restituito a Benedetto Sicco.

l’Inquisitore allora si decide ad inviare a Venezia un piccolo drappello per risolvere al meglio l’inconveniente. Assieme a questo ordinò al …?. . . . di prepararsi per lo stesso giorno e che il giorno seguente di buon mattino si avvii per Venezia passando per Treviso. Al messo vengono pagati soldi XXIIII per il dazio del traghetto

 venerdì 26 aprile 1577 finalmente il podestà Vincenzo Contarini dimostrando grande virtù e qualità – scrive il notaio – torna ad Asolo dalle sue proprietà nella campagna padovana. Qui ora dopo aver controllato la lettera del vescovo in questo luogo dove il notaio e l’Inquisitore – parole del notaio – vi son rimasti per otto giorni senza fare nulla, dispone al suo cappellano Eugenio Doioni perché si dia da fare e tutto sia pronto per domani.

E stando in quel monastero di ss. Angeli dei minoriti di Asolo si presenta dopo aver fatto la messa saputo della loro presenza don Giovanni Regoggia il quale di fronte all’Inquisitore e alla commissione viene a riferire che nel confessionale i suoi parrocchiani gli han chiesto che vengano presi i colpevoli e così per suo zelo qui venne e si presentò a dir questo.

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e qui termina dicendo che una certa “bibiam vulgarem” porterà a loro domani.
Il testo riporta ora l’ordine dato al notaio di registrare tutto quel che fece e disse loro don Giovanni.
Lo stesso giorno nel pretorio di Asolo assieme al podestà, presenti l’Inquisitore che dà a lui la lettera che in sua assenza – specifica il notaio – venne data ma non fu letta dal suo vicario. Ora aperta il notaio del vescovo ne riporta il contenuto:
“Magnifico e come fratello essendo informato il Santo Officio nostro dell’Inquisitione di Venezia, come il reverendo Vescovo di Cividal di Belluno tratta attualmente d’alcuni perversi heretici. Onde

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per questa cagione è necessario che V. Magnificenza gli dia quel favore et aiutto, che sarà opportuno à questo. Però vi commettiamo ii che non manchate in parte alcuna di favorire questa santa opera. Et petchè hora nelle forze vostre si trova un certo Benetto detto Brenzo da Mussolente diocesi pur di Cividale ritenuto per questa causa d’ordine d’esso r. mo vescovo, V. Mag. a ad istanza et ogni richiesta di sua signoria r. ma lo farà condure securamente alli confini suoi, et consegnarlo fedelmente nelle mani et sotto custodia delli ministri del mag. co podestà di Cividal, li quali per questo effetto si mandaranno in quel luogo. In oltre occorrendo, che V. Mag. fosse di nuovo ricercata da esso r. mo vescovo di ritener altre persone, et condurle ancho à sua influenza alla volta di Cividal, non mancherete di esseguir subito il tutto con ogni diligenza, et fede essendo sicure, che V. Mag. per sua natural bontà, et zelo che tiene della santa fede, non mancherà d’esseguir quanto se gli commette, et dar ogni aiutto et favore, si in questa, come in ogni altra occasione pertinente alla santa fede, al detto r. mo vescovo. Et non essendo questa per altro, a V. Mag. a si raccomandiamo, pregandole da Iddio ogni consolazione.
Venetia alli 12 aprile 1577
Giacomo Foscarini
Alessandro Gritti
Andrea Gradenigo deputati assistenti all’officio della Santa Inquisizione di Venezia

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Segue la lettera accompagnatoria del vescovo di Belluno in cui con linguaggio semplice, elegante richiede l’aiuto del podestà di Asolo e di considerare in tutto l’Inquisitore come delegato del vescovo. Si preavvisa già che potrà far “ritenere” delle persone, anche per poi portarle a Cividal. Gli eretici sono definiti ”alcuni infamati di heresia della pieve di Mussolente”. Datato in Venezia il 14 aprile 1577 a nome del “vescovo di Cividal di Belluno”

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a questo punto le “lettere viste, aperte e lette” il podestà si mette a disposizione dell’ Inquisitore dicendo che il vescovo gli aveva recapitato al suo podere altra lettera cui aveva risposto.
Subito quindi l’Inquisitore chiede al braccio secolare l’arresto di m°Iseppo Fulonis, Paride suo figlio e Momin Cargnati da Mussolente perché sospettati fortemente di eresia.

E qui il podestà ha un idea:aspettiamo dice domani mattina. E’ giorno di mercato e forse quelli vi vengono. Sarebbe allora facilissimo catturarli. Il podestà lascia decidere all’Inquisitore che accetta.
Poi il podestà chiama i suoi comilitoni e ufficiali a cui impone di obbedire ad ogni richiesta dell’Inquisitore.

sabato 27 aprile 1577 nel convento dei ss Angeli di Asolo. Qui di fronte al notaio si presenta Angelo Frassolongo (scritto senza ser o m. ) da Mussolente che a lui consegna “bibliam in fo. vulgarem” con note marginali scritte da due diverse mani. Riceve anche una lettera di don Giovanni il piovano che si riporta.

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“molto rev. do padre Inquisitore
mando à V. P. R. ma la Bibia, et per le notazioni del piu bruto carattere ho, che sia di Benetto, ma il piu bello del fu reverendo senza alcun dubio: ne essendo questa per altro, à lei di core mi raccomando, et offro;salutando la sua compagnia si r. da come mag. ca.
di Mussolente adi 27 aprile 1577”

Dopo averla ricevuta, la Bibbia viene data dall’Inquisitore al priore Benedetto Sicco che a richiesta la restituirà.

Poi nello stesso luogo e giorno assieme all’Inquisitore si presentò Benedetto da Castelfranco comilito del podestà con altri due “socii” e con il notaio e altri tre di loro andarono al mercato.
Quando qui furono dissero che erano mandati dal podestà ed erano agli ordini dell’ Inquisitore.
E qui ora l’Inquisitore dà loro l’ordine che vadano con i loro soldati quella notte a Mussolente ad arrestare i tre. E se non li trovassero nelle loro case andare poi alla chiesa di S. Pietro di Mussolente durante la messa del mattino seguente. I nomi dei ricercati sono di nuovo riportati e cioè Iseppo Follador, Paride suo figlio e Momin Cargnato.

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Si comprende che che il giorno di domenica 28 aprile 1577 nel convento dei ss Angeli si presenta all’Inquisitore il comilitone il quale racconta che quella mattina sono andati nella chiesa di S. Pietro di Mussolente e finita la cerimonia …. .
Si leggono i nomi di Iseppo e Paride, della moglie di Momin ma qui non si capisce il risultato

Il testo termina con il versamento delle spese ovvero libbre 31 più altri soldi 10


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Poi nello stesso giorno nel palazzo pretorio. Par di capire che Iseppo Follador e Paris non siano stati catturati perché non li hanno trovati né a casa né in chiesa. L’Inquisitore avvisa che dovrà la mattina seguente tornare a Belluno e ribadisce l’ordine di arrestarli al suo delegato il priore Benedetto Sicco.

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E dà ordine al notaio di scrivere una lettera….
Il podestà ne conferma la detenzione immaginiamo di Momin.

L’Inquisitore manda una lettera al podestà di Belluno in merito a quanto disposto per il passaggio nelle sue mani dei detenuti.

Quindi, nella cancelleria pretoria di Asolo, si procede ad una sostituzione…ma non comprendo purtroppo…

lunedì 29 aprile 1577 l’Inquisitore con il notaio parte da Asolo e arriva a Feltre all’ora del vespero

Lo stesso giorno nel pretorio di Feltre l’Inquisitore presenta al podestà una lettera sigillata con il simbolo di S. Marco e le direttive dell’Officio della Santa Inquisizione che vengono trascritte.

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In sostanza al podestà Marco Diedo viene dato l’ordine di permettere il passaggio de i “priggioni” e di aiutarli se ve ne fosse bisogno. La firma è quella dei tre membri laici del Santo Officio di Venezia già visti precedentemente.

Il podestà vede la lettera, l’apre e legge poi concede la sua collaborazione non mancando di lodare l’Inquisitore e il vescovo per il loro lavoro che “ripulirà dalla malvagità” e termina con la lode a Dio Ottimo Maximo.

Dopo questo si portano presso il monastero di S. Maria dei minoriti di Feltre e lì pernottano.

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martedì 30 aprile 1577 di mattina presto partono per Belluno e lo stesso giorno arrivati l’Inquisitore si trova con il vicario e lo informa della vicenda il vescovo. Era successo (non leggibile nella foto del giorno dell’arresto di Momin) che alla richiesta di dare all’Inquisitore i prigionieri e scortarli fino a Belluno il podestà s’era clamorosamente opposto!
Quindi l’Inquisitore s’era tornato da solo con il notaio e il processo non poteva iniziare.

mercoledì primo maggio 1577
L’Inquisitore fa scrivere una lettera per il vescovo ove ripercorre i fatti avvenuti. Qui è scritto che non si è riusciti a catturare né Joseph né Paris ma solo Momin Cargnato, preso in chiesa a Mussolente. Scrive anche che il podestà gli ha negato di dedicarsi al portare i prigionieri senza apposita autorizzazione

E qui tutto si blocca per due settimane. Notasi che la volontà dell’Inquisitore autorizzato dal Santo Officio di Venezia era di agire con la massima urgenza e di come si sia arenato il tutto.

Riprende a scrivere in data di …? Maggio 1577 di domenica con la descrizione dell’entrata in Belluno del nuovo podestà Andrea Gussoni del suo vicario l’ecc. mo dottore Giovan Vittore Salvio di Feltre e del cancelliere Paolo Badilio da Verona.

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venerdì 17 maggio 1577 l’Inquisitore riceve la risposta del vescovo di Belluno ancora dimorante in Venezia. La lettera è in copia agli atti.

Qui il vescovo dice che appena letta la loro s’è portato dal padre Inquisitore capo e si “dolemmo molto insieme” che “per gli accidenti accorsi non si sia preso Iseppo” (non accenna al figlio) e che il podestà avesse rifiutato di dargli i prigionieri con l’idea di scrivere ai Signori capi per l’autorizzazione. Non gli rimase che aspettare il giorno dopo, martedì, e andare al Tribunale ad esporre quanto successo in Asolo “secondo però che ella per sue lettere m’informa “. Anche al Tribunale rimangono sorpresi di quanto avvenuto e scrivono una nuova risoluzione che – dice il vescovo – gli fa arrivare “con la copia aperta. Sarà cura dell’Inquisitore mandarla ad Asolo con un messo se ce l’ha oppure con un messo à posta”. Se il podestà non volesse ancora ubbidire allora prega l’Inquisitore che vorrà “far gagliarda provisione”. Al padre minorita che lasciò come delegato in Asolo chiede che si faccia dire subito cosa intende fare il podestà per i due detenuti visto “ che non essendo piu speranza di haver quell’Iseppo.

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non occorre faraltro che attendere all’esecizione e sperando che voglia dal l’ordine di chiamare gli assenti però lo dovrà chiedere”. E se solo negasse ecco la sorpresa della lettera aperta dei Signori capi de X da mostrargli e – specifica – sentire cosa risponde! Termina portandogli le lodi del capo Inquisitore per il suo operato e il suo personale. ”Nostro Signore la prosperi”. Datato in Venezia alli XI maggio 1577 etc. ”come fratello e per servirla” Il vescovo di Cividal

Qui si riporta ora la “lettera aperta” scritta per il podestà di Asolo Vincenzo Contarini che trascrivo
“ Magnifico e come fratello. Questi giorni passati scrivessemo alla M. V. una lettera, commettendole, che per il servitio d’Iddio, et conservazione della Santa Fede, havesse ed esseguire alcune cose, essendo di ciò ricercata da mons. r vescovo di Cividale, delle quali il Santo Ufficio nostro della Santa Inquisizione di Venetia era et è pienamente informato. Hora si meravigliamo, che pur anchora non sia stato eseguito quanto in detta lettera si conteneva, né meno havuta risposta alcuna da lei; ne pur aviso della recepita. Onde per l’impossibilità grande di questo negotio

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siamo astretti à replicarle, come per questa le replichiamo, che non voglia in modo alcuno manchare di esseguire quanto all’hora se comisse, et di nuovo si comette: et appresso la preghiamo à nò ci dare nova occasione di replicare altro intorno à questo negotio, come vogliamo credere et confidare nella molto sua bontà, che sia per fare; e tanto piu, essendo ancho questa l’intentione delle ecc. mi Signori capi de X con partecipazione de quali fù scritta quella lettera à V. Mag. a alla quale di novo raccomandiamo con ogni caldezza questo negotio, et le preghiamo dal Sig. re ogni vera felicità. Di Venetia alli 9 maggio 1577
Di V. Mag.
Giacomo Foscarini
Alessandro Gritti
Andrea Gradenigo

sabato 18 maggio 1577 si scrivono lettera in esecuzione di quanto detto dal vescovo e dall’Inquisitore. Sono per il delegato di Asolo Benedetto Secco “della pieve di Mussolente” in merito alle direttive ricevute e la lettera del Santo Ufficio di Venezia le quali le faccia conoscere al podestà di Asolo.
Il sostituto dell’Inquisitore allora andò dal podestà e poi ne inviò la relazione che è in copia.

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22 maggio 1577 indirizzata a P. M. Bonaventura da Cividal Inquisitore
“Reverendissimo subito ricevute le di V. P. R. andai dal ill. mo rettore qual all’istantia fattagli in materia di condor gli incarcerati a Cividale, me rispose esser prontissimo à dargli, però non gli dete altrimenti quelle lettere dell’ill. mi Signori del Santo Officio, quale rimando.
Quanto poi a quell’Iseppo Folladore questo cavaliere nò ha fatto altro, et mi pare non dorma in casa ne mai stia quieto in un loco;pur il cavaliere mi ha detto nò manchare, et ha promesso buona manza (mancia) à uno, che lo dia per spia.
Il V. cavaliere mi ha detto poi che sel si havesse licentia di tuorlo sul territorio di Castelfranco, e Bassano, che à lui gli daria l’animo darlo nelle forze qui in Asolo.
Quello Iseppo Follador m’ha fatto intendere che quando fosse ricercato che egli comparira. Et cusì gli ho scritto una mia a V. P. R. mo acciò venghi, et fù alli 17 del presente, et pur anchor non è partito et il piovano l’ha visto in la villa, et se nò partisse dimani crederò non venirà più. E havendo licentia di tuorlo sotto Bassano, ò in Castelfranco, facilmente si prehenderà et quando la mi ordinerà, farò il tutto volentieri per servitio di Santa Chiesa, et per amor di V. P. R. ma alla qual di core mi offero, et raccomando. Di Asolo alli 19 marzo 1577 (errore del notaio)
Firmato Benedetto Seccho

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sabato 22 maggio 1577 nel pretorio di Belluno l’Inquisitore presenta al nuovo podestà Andrea Gussono lettera dell’Officio Inquisizione di Venezia. Viene quindi scritta in copia la lettera.

Si dice al podestà “che ill. mo R. mo vescovo di Cividal di Belluno hora si trova alle mani un negotio importantissimo. . ” – “. . poichè sarà forsi necessario venir al castigo de alcuni heretici. . ” e quindi vi sarà necessità che il podestà lo aiuti ogni qual volta lo richiedesse ad iniziare dal ricevere i “priggioni” ai confini.

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e questo sia come “catholico, et zelante dell’honor di Dio e della Santa Fede”. Il tutto datato Venezia 12 aprile 1577 e firmato dai tre nomi soliti dell’ufficio.

sabato 25 maggio 1577 nel convento di S. Pietro di Belluno. Dopo una riunione viene così deciso di far portare a Belluno quanto prima i due arrestati in modo anche di limitare il più possibile le spese. E di mandare lettere con direttive per i podestà di Asolo e Feltre oltre che al sostituto frà Benedetto Secco in Asolo e a frà Martino del convento di S. Maria di Feltre.

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Lunedì 27 maggio 1577 nel convento di S. Pietro di Belluno qui si ordina di far presente al podestà la richiesta di far portare in Belluno i prigionieri e nello stesso giorno in pretorio l’Inquisitore richiede per la loro carcerazione. A questa richiesta il podestà si attiva per predisporre il tutto.

Nello stesso giorno presso il convento di S. Pietro di Belluno …?. . . sotto primo. . ?. . Thomaso Funicola da Venezia vice comilito del podestà di Asolo si rivolse al notaio con l’Inquisitore presente per notificare che in esecuzione della lettera dell’Officio della Santa Inquisizione e su mandato del rettore di Asolo quella stessa notte con 4 suoi soci loro stessi qui presenti e sette cavalli verso l’ora quinta da Asolo partirono e Benedetto Brento e Momin Cargnato prelevati dal carcere condussero legati mani e piedi, passando per luoghi. . ?. . con la benedizione e l’aiuto del podestà di Feltre nel transito attraverso il suo territorio. Qui giunti in Belluno andarono al pretorio dove consegnarono i prigionieri

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e consegna quindi la lettera del podestà di Asolo che viene riportata in atti dopo che l’Inquisitore l’ha vista, aperta e letta.

In essa il podestà di Asolo gli scrive che appena letto la richiesta ha disposto che il cavaliere porti a lui Inquisitore “li duoi priggioni. . ” e termina così “per il che prego la ad esser contenta di fargli espedire quanto prima per haver fatto assai buona penitentia nelle nostre forze
( = carcere)“ Di Asolo li 26 maggio 1577
 Vi è poi la lettera del comilitone che è “a seguire” dell’altra.

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“ Laus deo R. mo P. M. Bonaventura per questo aviso V. S. e così li iuro à non haver manchado con ogni diligentia di haver Iseppo Folladore in te le man, el qual non ha mai dormido à casa dal dì che pigi Momin Cargnato.
E così vi mando per il mio vicio e compagni el ditto Momin e Benetto. Me ha molto recresu à non podere vignere mi in persona, per rispetto che el Mag. co podestà son andà infina à Miran, el qual sarà a Asolo mercore prosimo.
Anchora cerca della spesa de magnare io son pagado da tutti dui, li quali si han fatte le spese de so posta del suo, delle spese decondurgli queli sariti contento de darli ducati cinque per cadauno. Vi zuro, che li officiali me han ditto, che sempre i gha vudo ducati diese qual’uno; ma me contento di far quel che piace a V. S. havendone de menare per ducati diese qual tutti doi.
V. S. non manchara di rendere quel tanto che m’havi impromesso de far le spese quelli, una cena et lo alozamento alli homeni e talli cavalii i questa son una zentilezza, che senza accordo V. S. sono pur massa cortese: et con questa à V. S. mi raccomando adì 26 mazo 1577
I. Benetto Arzentin cavaliere di Asolo v° bon servitor scrisse”

Di seguito viene scritta lettera al podestà di Asolo per informarlo della consegna dei prigionieri, invitandolo a tener conto della cattura di Iseppo e di informare l’Inquisitore per ogni novità

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e fattane copia l’Inquisitore pone il sigillo e riconsegna al vice comilitone

Poi su ordine dell’Inquisitore per il pagamento dei soci del vice comilitone sborsò libbre 62 e piccioli 5. Vennero quindi poi ospitati presso “Mariano hospitio” dove fu preparata la loro cena e dato il foraggio ai cavalli. Lì vi pernottarono “con soddisfazione di tutti“ precisa il notaio.

Poi su ordine dell’Inquitore, per limitarne le spese, si stabiliscono che saranno di otto soldi per ognuno dei carcerati al giorno . Ordinò anche a Mariano padrone dell’hospizio che non dia lui il cibo ai prigionieri e questo finchè non sarà prima saldato il conto. Il testo riportava prima di questa decisione un rifiuto del conestabile del pretorio che non ho compreso.

Martedì 14 giugno dopo il vespero nella camera ove risiede l’Inquisitore che si trova nel convento di S. Pietro dei F. M. della città di Belluno. Alla presenza solo del vicario del vescovo, dell’Inquistore e del notaio. Compare qui all’improvviso Joseppo Follador de Mussolente (qui il notaio precisa che così gli dissero di scrivere). Viene presentata lettera mandata da frate Benedetto Secco di Asolo firmata come “Inquisitore nella pieve di Mussolente” e sostituto dell’ Inquisitore di Belluno.

Il testo prosegue con Iseppo che quindi si è presentato convinto da Benedetto Secco per esporre – pensa – quanto sa. Su di lui molto fu detto da Benedetto Brenzo e Momin e le colpe chi vi sono vuol – pare – riferire in modo che la pieve di Mussolente si liberi dall’eresia e vi si scoprano le radici del morbo.

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dopo averlo ricevuto e vista la lettera segue un colloquio tra l’Inquisitore e il vicario del vescovo. Alla fine è decretato di chiamare il braccio secolare e di incarcerare Iseppo Follador. Così fu fatto all’ora XXII circa.

E passata l’ora XXIII dello stesso giorno il vescovo che era partito da Venezia venendo per via da S. Ippolito arriva alfin in Belluno. E qui della “cattura” (mio virg. ) di Iseppo è subito informato.

Mercoledì 15 giugno 1577 di mattina nel palazzo del vescovado di Belluno.
Qui Ioseppo Giorgio Moretus. . ?. . . riceve l’ordine che come conestabile del pretorio di Belluno e il notaio del vescovo con tre soci all’ora che si dice ventiduesima per ordine del podestà del ducal dominio in Belluno e suo distretto, su richiesta della Santa Inquisizione vada a prendere dal convento di S. Pietro Iseppo Follador e lo porti nel carcere pretorio; come avviene è descritto dal suo passaggio per la porta piccola del convento di S. Pietro e proseguendo per la via pubblica, personalmente dal Moretus tenendolo legato e sotto scorta.
(notasi come i trasferimenti, anche da lunga distanza come Asolo - Belluno avvengano di notte)

Una volta portato nel carcere vi deve rimanere con la condizione di non farlo parlare con nessuno.

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Alla presenza di Nicolò de Mustoyo precone e viro di detto conestabile socio e del notaio su ordine del rettore su richiesta del Santo Officio si portano ad ordinare a ser Mariano de Mariani gestore dell’hospitio che pagati libbre XXV del debito da lui accumulato debba poi tener in sequestro il cavallo e le altre cose che erano rimaste nell’ospizio di proprietà di m° Iseppo e gli saranno pagati quel che ha già fatto e farà.

Nello stesso luogo e giorno
 Il vescovo e l’Inquistore decretano che i tre carcerati siano tenuti isolati uno dall’altro. Si incarica poi il notaio di far eseguire l’atto di “intimazione” ovvero l’informazione del prossimo interrogatorio. L’atto è in copia.

“De mandamento del r. mo m. vescovo di Belluno, et del r. do C. Inquisitore el se intima a li – n – (qui vi sarà il nome di ognuno) qualmente nel termene de zorni 3 prossimi doppo la presente intimatione, debbi prepararsi a dir il vero intorno l’interrogationi, che si terranno fatte da sua Sig. a circa la fede: et dicendo il vero si serà usata misericordia. Altrimenti ti serà gravata la pena “

Della consegna delle tre intimazioni il notaio scrive il loro commento dei prigionieri.
Il primo è quello di Benedetto che dice di voler parlare e si raccomanda al vicario.
Il secondo è quello di Momin che poco disse se non che aveva nemici che facevano da giudice: e che poco aveva da spiegare. . ?. . .
Poi tocca ad Iseppo Follador che dice che è venuto qui per questo. Per testimoniare la verità perchè “Dio è verità”.

Di questi loro commenti il notaio informa subito il vescovo e l’Inquisitore.

venerdì 17 giugno 1577 nel palazzo vescovile di Belluno. Vi è ora la descrizione dei presenti per la procedura da rispettare. Ecco quindi il vescovo, l’Inquistore, la presenza di esperti in materia di diritto canonico come il notaio vice cancelliere, poi è nominato il podestà Andrea Gussone rettore benemerito, il dottore Io. Vittore Salvio da Feltre suo vicario e giudice al maleficio, poi Paolo Badilio di Verona suo cancelliere oltre ad altri “ecclesiasticis inferius” che vollero assistere/aiutare.
Lì verso l’ora XVIII su richiesta del vicario di cui si volle la presenza.
E qui tutti loro, sia religiosi che laici sopra citati, sulla mano del vescovo giurarono la consegna del silenzio su quanto avrebbero sentito e fatto.

Subito dopo il vescovo incarica il notaio di leggere quanto denunciato dal pievano di Mussolente e quanto presentato allo stesso Officio contro i sospetti nella fede.

Di Stefano Zulian

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