domenica 12 agosto 2012

IL PROCESSO PER ERESIA DI MUSSOLENTE (VI) NEL XVI° SECOLO

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Quando fu letto il tutto si concluse l’incontro e stabilito che tra sette giorni si dia inizio con i prigionieri in modo separato cominciando da Benedetto Brentio.

Poi l’Inquisitore di fronte agli altri consegna al notaio un certo “folio”, scritto da don Giovanni Francesco Mazzocchi allora vice cancelliere della curia di Belluno e ora di Milano, esistente nel suo “scriptorium” che nei giorni scorsi ha ritrovato. In quel folio sono contenute le deposizioni dei giorni 11 e 12 settembre 1549 in materia di eresia durante il processo contro Iseppo Follador da Musssolente qui detenuto ora. Vi è nello stesso folio anche la successiva citazione in giudizio contro Iseppo Follador di mano dell’ex vice cancelliere don Giovanni Francesco Mazzocchi su decreto del 8 Novembre 1549.
La copia viene quindi riportata negli atti (con nostra soddisfazione). Il notaio lo riceve con l’ordine di riportarlo subito.

Questo il testo regesto. E’ tutto in latino.
Mercoledì 11 settembre 1549
Padre Io. Maria di Venezia trovandosi nella chiesa di S. Pietro di Mussolente è interrogato.
Gli chiedono se vi sia qualche male pensiero della Santa Fede Catholica. Lui risponde che in verità vi è un certo Iseppo Follador di cui nella passata quaresima sentì dire da molti che deviasse dalla retta fede cattolica. . ?. . . la venerazione dei santi e litanie: e a causa sua si biasimano segretamente e pubblicamente questi. E che allora lui negava fosse vero e falsamente diffamato e in verità sentì da molti parrocchiani ugualmente affermare che esso Iseppo parla/pensa ? male della fede: e di questo vi è scandalo “cum magna murmuratione” in questa pieve e che per lui è meglio se una r. da autorità si potesse informare.

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Poi prosegue con l’interrogatorio di un abitante di Mussolente, Io. Francesco de Ruffis della diocesi di Brescia, che chiamato dall’Officio giurò nelle mani del vescovo “in poena” – (il testo dà le domande in latino la risposta in volgare).
Gli chiedono se sa cosa dicesse Ioseppo Follador contro la fede cattolica risponde che parlando con lui di “certo proposito” Ioseppo gli disse che non sapeva se credere come Cristo venisse nelle mani di un prete “cattivo et peccatore” e “andando alla processione” ancora disse che “pazzia chiamar li santi, che facessero piover, over mandar bon tempo” perchè invece si dovrebbe pregar Cristo “che è la fontana”. Richiesto quando avvenne risponde verso Pasqua.
Gli si domanda allora su chi fosse presente e lui dice che non può certo ricordare “ma me penso che fosse presente ser Bernardo Busnardo et Lorenzo Isachin”. Poi “Penso che da quel Busnardo cavari più construtto “. Alla richiesta di dire in che giorno e luogo rispose che non può ricordare perchè “praticando insieme” non si scrive quel che si ragiona “familiarmente”. Alla domanda se ciò avesse creato scandalo lui rispose “alcuni dissero che parla ben, et alcuni chel parla mal”.

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Il giorno del 12 settembre 1549
Ser Bernardo Busnardo fu ser Io. Maria che ora abita in Mussolente villa. Assunto per testimoniare qui giurò e in presenza del vicario vescovile Nicolò Barzetti gli chiedono se conosce Joseppo Follador a cui risponde “Signor sì”.  Interrogato sulla di lui fama disse “L’è un bon zovene et galante, et se dava anche alla rason del canto; ma el par che da certi zorni in qua el sia mudà”. Alla domanda su cosa sia mutato – “In queste cose della fede, perchè el parla scandalosamente” – Alla domanda su cosa – “ Cavalcando un zorno con lui a Castelfranco el me disse, che non se doveria creder che Christo fosse in pelle in carne in l’hostia consacrata”.  Interrogato quando disse questo – “ El puol esser circa un mese” – Interrogato su cosa dice del purgatorio – “Hora par che lo neghe hora par che lo afferme, ma el dise ben di santi, che non avade pregarli (non vada di pregarli), come nelle litanie, perchè bisogna andar a Christo che è il fonte”.  Ad altra domanda che non ho compreso. – “Costui è stato messo su da un certo Beretaro da Castelfrancho per quello ho sentì dir. ” – Interrogato su chi era presente – “No ghe era nessun all’hora“ – Interrogato se vi sono altri che parlano in questo modo – “Un zorno il la bottega de ser Lorenzo Fachin parlava de queste cose, presente ditto ser Lorenzo: et ser Dog. ° da Borso gli domandò quel libro, che lui diceva haver, perchè
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ditto ser Dog. °sapeva, che V. S. doveva vegnir in visita, et lo voleva mostrarglielo, che di poi ghe fece una bona reprechension, perchè noi havevamo grande dispiacer de queste cose, perchè le un galante zovene, et gh’era anche un Vettor Caton, Pasin Melan”. Interrogato se diede scandalo per questo. – “Per Dio mi non lo sapria dir l’è vero chel pratica con lui un Hieronimo fiol de Zan Thessaruol, del qual me dubito, che non ghe metti de queste fantasie in testa”. Alla domanda su quanti anni abbia Ioseph – “L’ha circa 34/35 anni“ – Interrogato se abbia libri proibiti – “L’ha un certo libro piccolo, qual me lo mostrò un zorno, perchè lui diceva haver le sue rason in seno, ma non mi riccordo che libro el fosse, ma pareva fosse d’un certo cardinal”

Giovedì 12 settembre 1549 tocca a Lorenzo Busnardo fu Battista da Asolo. Anche lui giura nelle mani del vicario del vescovo Nicolo Barzetti. Di nuovo la domanda se conosce Iseppo Follador “Signor sì chel cognosco. L’è fiol d’un bergamasco“ Poi le domande sono le stesse per le prime. . e riporto le risposte sue – “Signorsì cavalcando con lui in più luoghi l’ha parlado de queste cose” – “Circa il sacramento el dise che non crede che Christo vegni in pelle e carne in l’Hostia consacrata. Et parlando delle litanie disse

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che pensa che queste procession non sian grate à Dio, et che non le trova nel evangelio. ” – Interrogato sul contesto – “Ser Bernardo Busnardo, et ser Francesco de Rasini bressan (che) sta in vescoado” – “Lè circa 20 zorni che ha parlado de queste cose con mi, et per avanti con Angelo Guielmin; et unaltro zorno essendo lui in la mia bottega, et parlando de questa heresia, el ghe era m. Dog. ° da Borso, qual reprehendeva detto Joseph” – “Signor sì. Et suo padre ghe ne ha gran dolor de queste sue fantasie” – Interrogato se sa chi ha istruito Ioseph – “El se dise, che l’è sta un Baretar da Castelfrancho” – “Ello ha ben certo libretto, ma mi non so che libro che sia” – “Là con Hieronimo fiol de Zan Thessaruol, che pratica con lui, et si dubita chel ghe daga orecchie , benchè non l’habbia mai sentito à parlar di queste cose et altro”

qui ora il notaio descrive la sigillatura dell’atto e la data di 8 novembre 1549 con la citazione a giudizio di Iseppo Follador.

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vi è ora la copia di cui sopra.
Qui Jo. Antonio de Egregys canonico di Belluno per il vescovo e conte Giulio Contarini. Iosepho Fullador de Mussolento, in sostanza, deve essere riportato sulla retta via della fede cattolica perchè è loro dovere vigilare sul proprio gregge in merito al modo di convertirsi sia di tutti che del singolo e nella vita non solo controllano (“exploremus” ) ed esaminano ma anche provvedono a che il “lupus rapax” non disperda quel gregge nè lo divori come intese il beatissimo apostolo agli Efesini.
Ancora prosegue con il riferimento al gregge e che non si permetterà come fosse lupo perverso che vi sia chi come Josepho parla in modo simile. Ricorda la visita pastorale in S. Pietro di Mussolente e la scoperta di eretici “et damnabilis lutheri sectator” e poi si rivolge “Te Josephum” che s’è fatto impigliare in questo detestato crimine e l’ha diffuso nel suo plebanato con varie eresie e opinioni sulla cattolica e ortodossa cristiana fede e religione come pure sui riti e sui cerimoniali romani.
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con grandissimo scandalo e vociare ha seminato, insultando/biasimando contro la transustanzione del pane e vituperando anche le preghiere ai santi e tanti altri peccati che sono emersi nel processo.
E con massima immediata cura al gregge della loro diocesi estirpano la perniciosa eresia impedendo alla pecora malata di corromperne altre.
E qui si stabilisce di incolparlo pubblicamente e nel termine di quindici giorni si esponga il bando nella porta maggiore della cattedrale con tre scadenze di 5 giorni l’una (che non capisco appieno). E che entro tale termine si presenti al carcere Iseppo da solo per difendersi dalle imputazioni. Se passati i 15 giorni non sarà lui stesso a presentarsi sarà cura del vescovo provvedervi
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ed è con il sigillo della Fede che fanno questo. Quanto ad Iseppo non vi potrà più dopo lo scadere esservi la scusante dell’ignoranza.
Nella chiesa di Belluno, letto durante la messa solenne e resa così pubblica e di poi affissa alle porte della stessa chiesa dove vi rimarrà per i 15 giorni.
Datum a Belluno dal palazzo vescovile il giorno VIII novembre MDXLIX
Con il sigillo Io. Francesco Mazzocco de Bladis notaio de curia. . . . . .
Fu pubblicata ed affissa il giorno XI seguente 1549

E fu tolta da ser Pompeo de Cavessago il giorno di
mercoledì 27 novembre 1549
 
Frontespizio del processo agli eretici di Mussolente
A questo punto il processo ritorna al 1577
Mercoledì 12 giugno 1577 di mattina nella sacrestia della chiesa di Belluno.
Alla presenza del vicario e dell’Inquisitore si presenta Nicola di Vincenzo Rossi (Rubei) da Mussolente nipote e gestore del commercio della casa di m. Iseppo Follador il quale umilmente chiede si possa dissequestrare il cavallo trattenuto, stante la fideiussione fatta in Asolo con P. M. Benedetto Secco per d. Nicola Beltramin di cui si presenta la lettera qui riportata.

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Dopo saluti e presentazione si legge. ”Il figliolo del sig. r Nicolo Belltramin è venuto qui da me et mi ha detto, che suo padre farà, et fa segurtà di quanto vale il cavallo, che condusse ser Iseppo Follador à Cividale: però V. P. R. ma lo farà stimar de quel tanto promettendo, et sono sicurissimi. Si che la potra parendogli fargli dar il cavallo. Io servirò il scritto della segurtà.
Se altro occorre la me avisi, che me gli offero, et raccomando.
Da Asolo alli 9 zugno 1577
f. Benedetto Seccho.

Dopo aver appreso l’istanza e letta ne è poi letta un altra di donna Chiara moglie di m. ° Iseppo e indirizzata al marito scritta il giorno 10 del corrente mese in cui lei per fideiussione dava la sua dote. Al che il vicario e l’Inquisitore incaricano il notaio di far stimar il cavallo per poi procedere al dissequestro.

Così il notaio invitò a presentarsi m°Joanne de Fabrica et Andrea Fassano ferratori di cavalli. Il notaio dà loro ordine di andare all’ospizio di Mariani a vedere e stimare il cavallo. Poi tornati, dopo aver giurato riferire la stima. Il notaio riporta che questo venne detto di fronte a Nicolò che acconsentì.
Poco dopo nello stesso luogo.

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Assieme al vicario e all’Inquisitore di fronte al notaio tornano con la stima che, dopo aver giurato, definiscono in base alle loro esperienze (per praticam quam habent) di scudi d’oro “in auro” n° XV e cioè libbre 105 soldi 5.
E quindi stante la detta istanza di fideiussione che libera dal sequestro il cavallo fino a quel momento in ospizio si offrì (a Nicola ?) di solvere

Così udito il tutto il vicario e l’Inquisitore dichiarano che la fideiussione si può fare e che la stessa sia di scudi XX. ti ovvero libbre 140 soldi –

E all’istante con l’offerta di Nicola suddetto revocano quindi il sequestro e ordinano di dare il cavallo a Nicola. Erano presenti poi alla consegna prè Aloysio Factorio e Agostino de Egregys.

Poi detto Nicola presentò all’Offico una “camisam. . ?. . . “di m°Iseppo con altre due che si trovavano nell’ospizio chiedendo se può renderle.
Inoltre richiede di poter aumentarne le disponibilità quotidiane (non mi è chiaro cosa intenda) a causa della sua vecchiaia. (?. . non comprendo “oris”).

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La proposta della camicia venne accettata dal vicario che la mandò ad Iseppo.

Poi l’Inquisitore si esprime in merito a il debito che Iseppo ha verso l’ospizio e concede a Nicola di andare da Mariani e su loro licenza paghi il debito accumulato.

Stabilito questo quindi Nicola con il notaio si porta all’ospizio di Mariano de Mariani “ad signum campana”. Qui non vi trovarono il padrone ma sua moglie alla quale chiesero il dissequestro “fisico” del cavallo in quanto rispetto agli altri cavalli quello sequestrato era circondato di pilastrini bianchi e neri. Tolti i quali si dà a Nicola il cavallo. Nicola ora vuole anche saldare le spese di Iseppo stante la fideiussione di XX. ti scudi.

In merito a questo venero poi scritte lettere per P. M. Benedetto Secco con le direttive in merito alla fideiussione e al suo valore di XX scudi. A Nicola fu data una lettera sigillata.

Giovedì 13 giugno 1577 di mattina presso la porta del carcere pretorio di Belluno.
Il vicario mandato dal vescovo e dall’Inquisitore entrò nel carcere con il r. do Joseph Cantillena canonico e con il notaio esortando e ammonendo Benedetto Brenzo di dire la verità e facendo capire come si procederà

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Lo stesso giorno nel palazzo vescovile vi è una sorpresa. Sono presenti il vescovo e l’inquisitore che hanno appena letto una certa lettera “commendatizia” in favore di m° Iseppo Follador detenuto mandata loro da d. Lattanzio Persicino attraverso il presente Giovanni dei Clerici del territorio. . ?. . . “filio directivas”. La lettera è riportata ma il delegato fa notare che il Lattanzio appena la ricevette e averla letta la lacerò a causa del fatto che era in favore di un uomo inquisito per sospetti contro la fede. E quindi il buon Lattanzio dopo averla strappata sdegnato la buttò letteralmente al suo nunzio perchè la porti al vescovo.


Qui il notaio segnala che l’ha copiata con l’aiuto del nunzio.
“Sig. r el mi pregava, ch’io volessi procurar l’espedictione del Iseppo Follador, qual diceva esser qui venuto per presentarsi all’Officio della Inquisitione: et colui che mi scriveva è un di Bassano, che mi conosce per esser li stato piu anni cò mio padre, il qual si chiama Iseppo Navarin gia favro adesso fa mercantia de ferro, che altre volte fù mandato à pigliar à Bassano, con un altro chiamato Betto à instantia del r. mo vescovo di Vicenza dove stette in preggion piu di un mese, et fu fatto abiurar in pergolo, per quanto poi intesi, ch’io nò l’ho visto; et questo puol esser già anni 6 in circa che del tempo cosi precise non mi ricordo. ”

In merito a quella delazione per quanto mancava fu fatto fare il giuramento con il tocco della Sacra mano. Di poi

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“sel par anco a V. S. R. ma andarò adesso à casa, et facilmente potria essere, che anchora io ritrovassi i pezzi della littera stracciati dentro dalla porta, dove gli ho gettati in terra / se qualchuno nò gli ha portato via. Et se gli ritrovo, prometto a quella de portargheli adesso. ”

E poco dopo eccolo tornare. Al che il notaio si incarica di rimettere assieme i pezzi della lettera e di scriverne copia la quale è la seguente:
“Al ? Mag. co dno Latencio Persegzino in Cividal
In nome de Idio dì – 8 – Zugno de Bassan
Mag. co Hon. do della vostra gran amorevolezza fidatto ho preso ardir di recomandarmi uno nostro amico adimandato m° Iseppo Follador de Mussolente qual è venuto de li à presentarsi in materia della Inquisizione quelo veria da V. S. è questo dì veder che sia espedito quanto prima e tutto quello farete ad esso i reputo el faciate à me medesimo perdonandomi della brigza e per voi podendo piacermi de comandarmi irestando al solito vostro, che Christo vi guardi a piacermi di farmi racomandato al signor V° padre.
Di v. s. s. Iseppo Navarino

Domenica 16 giugno 1577 nel palazzo del vescovo di Belluno.

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dopo un colloquio il vescovo e l’Inquisitore chiedono al notaio di avvisare Benedetto Brenzo per il suo interrogatorio (“3° loco. . . charitativis”)
e di poi informare anche Momin Cargnato e Iseppo Follador che seguiranno
Unanimi decidono quindi che l’indomani per primo si vada a prendere Benedetto e così procedere nella causa.

Furono poi eletti il rev. do Nicola Bretto canonico e vicario del vescovo qui presente e il rev. do Io. Battista Castrodardo precedente canonico di questa chiesa, però assente. Questo in considerazione di una miglior conoscenza dell’ordinamento del diritto canonico, necessario per il procedimento. E’ anche necessario inoltre che fossero dei religiosi . Presso la canonica fu il tutto confermato.

Dopo di questo il notaio si porta al carcere pretorio.

Qui “3° loco charitative” avvisò Benedetto Brento di dire la verità e di prepararsi.

E “2° loco” avvisò anche Momin Cargnato e magistro Iseppo Follador tra loro separati che dovranno dire la verità e che si debbano preparare.

Detto questo il notaio riporta che separatamente gli risposero di essere pronti.

Lo stesso notaio si porta quindi presso la casa del r. do Io. Battista Castrodardo dove lo avvisa della sua elezione e che ogni volta che ne sarà richiesto dovrà rendersi disponibile.

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Lunedì 17 giugno 1577 dopo mezzogiorno nel palazzo vescovile della città di Belluno.
Riunito l’Ufficio della Santa Inquisizione si fece giuramento di segretezza di quanto denunciato e trattato. Il Io. Battista Castrodardo precedente canonico giurò quindi sul silenzio.

Dopo di che venuto il conestabile del pretorio gli fu ordinato di andare a prendere nel carcere Benedetto Brento e portarlo al Santo Ufficio, come fece.

(il processo inizia oggi la fase degli interrogatori degli accusati. E’ il 17 giugno 1577, quasi tre mesi dopo l’avvio del procedimento. Benedetto Brenzo è in carcere dal 21 Marzo 1577)

Passato il momento del giuramento ecco la riunione, solenne, dell’apparato giudicante. Sono presenti in ordine d’importanza riportati: il vescovo di Belluno Io. Battista Valerio dottore Sacra Theologia, l’Inquisitore Bonaventura responsabile in materia di eresia della diocesi di Belluno, prè Nicola Barzetti cancelliere e vicario vescovile, prè Jo. Battista Castrodardi precedente canonico di questa chiesa. Poi vi è citato il podestà Andrea Gussono “prefetto vigilantissimo”, il suo vicario dottore Jo. Vittore Salvio di Feltre giudice al maleficio “integerrimo”, Paolo Badilio veronese suo cancelliere. Poi il testo, sempre in latino, così prosegue:
“E’ portato dal carcere dal conestabile del pretorio un certo giovane con barba rossiccia”.
Al quale con dolcezza e benevolo monito gli si dice che se qualcosa disse, sentì o commise di empio contro la fede Cattolica ed Evangelica, sinceramente con piena e vera confessione;. . ?. . verso se

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stesso come altri in quel che dice, quello che è falso ; e se in modo giusto (comportamento) terrà agiremo in modo benigno e misericordioso con minor e piccolo rimprovero e castigo, secondo quanto il Santo Officio vedrà: e qui fu “delatum” il giuramento solenne del dire la verità di se e degli altri e ponendo la mano sulle Sacre Scritture giurò. Al che è interrogato sul suo nome, cognome, patria ed età. (ogni risposta è in volgare) ”Ho nome Benetto fu Jacomo Brenzo da Galio territorio vicentino habitante in Mussolente territorio asolano et diocesi bellunese, et quanto alla età uno, che mi ha tenuto à battesimo, mi ha detto, che posso haver da 24 in 25 anni“ e il notaio aggiunge che è vero dal suo aspetto non solo per l’età e che è vero sia minore di 28 anni.
Interrogato sul suo lavoro “Io son garzotto, et ho atteso à l’arte dell’agricoltura”. Interrogato in volgare nel testo “se sa davanti che tribunale el se ritrovi al presente” – “Io so, ch’io son davanti al tribunale, che representa la maestà de Dio in terra” – e gli fu detto “Questo e l’Offitio della Santa Inquistione“ – “Interrogato se sa perchè causa, chel sia sta retenuto” – “Son sta retenuto per lutheran, et heretico “ – “Int. sel sa cio che vuol dir lutheran, et heretico“ – “Per quanto dicono questi altri, dove son stato, lutheran, et heretico è credere quel che crede la santa madre giesia, ma non dicono romana”
“Int. chi sono questi, con li quali lui dice haver praticato, et che dicono, che li lutherani et heretici credono quello, che crede la santa madre chiesa, ma non vogliono dir romana” – “m°Iseppo Follador da Mussolente, il qual per quanto credo, se ritrova anchor lui qui in preson; perchè mi par

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haverlo sentito à cantar, et che lo conosco benissimo alla voce, che faceva il corneto:messer prè Lunardo, col qual io son stato per servitor circa x anni, il qual è morto za XIIII mesi in circa. Il fu m. prè Zuanne da Cassuol piovan de Liedolo, qual è morto anche lui già 4 in 5 anni”. Disse poi “Essi dicevano, chel la vera chiesa di Dio non abbraccia ogni cosa, come fa la Romana. ” (qui il notaio non trascrive la domanda) – “Signor no, ch’io non sò, che sia stato formato processo contra di me per questo Santo Officio”.
“Interrogato sel sa leggere“ – “Lettere scritte stenterò à leggere, ma à stampa le leggo ben”.
“Int. se ha, ò se ha mai havuto libri de sorte alcuna” – “ Io ho avuto molti libreti della dottrina christiana, et de battaie et anco m. prè Lunardo mi comprò à Venetia su l’incanto un testamento nuovo vulgar, chel haveva nel principio una epistola essortatoria alla vita christiana di Erasmo, la qual ho letto diverse volte alla presentia del ditto m. prè Lunardo; il qual mi esshortava à leggerlo, et à tenermi à mente quello, che leggeva, dicendomi, che per quella se imparava la vera vita christiana; niente di manco per quella epistola si vedeva, che lui parlava contro la chiesa Romana li vescovi et li chieresia: et detto prè lunardo non mi disse mai, chel ditto libro fusse prohibito: et non l’ho saputo manco se non che m. prè Zuanne di questa terra hora piovano di Mussolente ha detto à Paris fiol del detto m° Iseppo che era prohibito, al qual Paris io l’ho venduto per un Mocenigo. ”
Interrogato disse “Io ghe l’ho venduto inanti ch’io sapessi chel fusse prohibito”.

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ad altra domanda “Io ho ancho havuto un Bibia, che era del fu m. prè Lunardo vulgar in 4. t° qual io ho prestato al ditto Paris“ – “Int. sel si raccorda chi siano li authori di quelli libretti della dottrina christiana” – “Io non mi riccordo, ma ne comprai tre alla bottega della Gatta in Venetia; uno de quali diedi al detto prè Lunardo, pensando che lui dovesse introdur d’insegnar alli figlioli in chiesa la vita christiana” – A questo punto si mostra il libretto, uno dei 10 che vi sono nel processo, precisa il notaio, con il titolo “Speranza del christiano” e un altro con il titolo “Della ammonitione della disciplina, over institutione delli fanciulli per Ottone Brunfelsio”. Fu chiesto quindi se riconosceva i libri ed ammonito di dire la verità rispose “Io non so mai di haver veduto questo libro” – E ancora ammonito “Questo libro io l’ho havuto ad impresto da Matthio fiol de Bartholomeo Gamba da Mussolente suo parente, il qual
dice haverlo havuto ad impresto da un da Bassan suo parente, del qual io non so dir il nome “. Di nuovo interrogato “L’hebbi ad imprestito dal ditto Matthio il carneval passato: et ho letto qualche volta sù” – Poi aggiunge – “l’ho letto per dirvi la verità una volta sola tutto”. ” Int. sel sa scriver“ – “Signor sì et ho imparato da me stesso” – Ora si mostra un libretto in sedicesimo manoscritto di 7 carte (poi non capisco cosa si intende “in principio et dimidie in fine”) e si chiede se l’ha scritto lui. Benetto lo guarda poi “Signor sì che mi ho scritto la” – “Et Int. de che loco habbi cavato quello che è scritto sopra del ditto libretto”
 
Due pagine del processo
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“da una parte l’ho cavato dalla Bibia, che mi parono li capitoli della Bibia, et da l’altra in fine l’ho cavato dal sudetto libretto che mi avete mostrato”.
"ben de dir la verità se tu hai havuto a. . ?. . hai nascosto altri libri in materia della fede” – “Io ho ben delli libri, ma non so quello che dicano, nè se siano prohibiti et non ne ho nascosto alcuno” – “Int. se ha mai havuto opinione alcune e che sia contro li XII articoli della fede, et contra la dottrina della Santa Chiesa Catholica Romana” – “Quello che ho creduto, ho creduto chel sia la vera fede, perchè son ignorante, che son stato anco fuori con le pecore, et quello, che mi è stato insegnato, l’ho sempre pigliato in bene”.
“Int. quello che sentì intorno l’imagine della Madonna et de santi” – “Per quanto dicevano li furono prè Lunardo e prè Zuanne ai fedeli, non si dovea guardar mai esse immagini”Al che gli fu detto “Non se se adimanda questo, ma quello chel senti, et hai sentito tu, intorno a questo. – “Io ho sentito chel adorare l’imagine era idolatria i me hora credo, chel sia buono adorarle come quelle che rapresentano li santi, che sono in cielo”
Gli viene detto “Perchè raggione opinione chel fusse idolatria ad adorar l’immagine“ –
“A creder questo, me lo persuadeva quel salmo che incomincia in exitu et questo le lo insegnarono li predetti furono prè Lunardo e prè Zuanne. ” – “Int. perche cosa habbi creduto circa l’intercessione dei santi appresso

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Iddio” – “Ho creduto sempre che possino pregar per noi i et ho inteso da prè Lunardo che le litanie siano una della oration et mi eshortava à dirle ogni dì”.
Gli venne detto “avvertissi di espiegar molto ben la tua conscientia et dir la verita quello che hai veramente sentito circa l’intercessione dei santi appresso Iddio” – “Dapoi che Paris ha havuto quel testamento nuovo, ch’io li vendei lui mi ha detto, che l’ha ritrovato uno evangelio (non dicendomi quale) chel dice, che alcun altro non può interceder appresso à Dio, salvo che Jesu Christo et da quel tempo in qua io ho creduto chel altri santi Jesu Christo non possano interceder per noi appresso à Dio. Et questo è stato da nadal prossimamente passato in qua”
“Int. quello chel hebbi creduto et creda li presente cioè se la Madonna, e i santi possano far gratie et miracoli” – e qui prosegue in latino dicendo che venne ammonito che deve dire la verità come pure essere chiaro
“Prima che mi fosse sta insegnato io credevo questo ma dappoi chel me è sta insegnato non l’ho creduto”
“Int. chi sia stato questo, chegli habbi insegnato” – “Da quella parola che mi disse Paris intorno le imagini. Io veni in opinion, che non potessero fare miracoli”
“Int. quello poi che habbi creduto et credi intorno le messe et vesperi de morti se siano buone et giovino alle anime de essi morti” – “Paris me disse che prè Lunardo haver havuto a dir li su la porta granda della ciesa di Mussolente che le messe e i vesperi dei morti non giovavano alle anime dei morti”
Gli si chiede “Che cosa hai tu credesto circa questo”

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“Io ho credesto, che non valessero niente”
Disse interrogato “Io ho credesto questo da nadal in qua” soggiungendo “el ditto Paris ne sa purassai in questa materia, perchè ha avuto tempo d’imparar et credo che l’habbi anco imparato da suo padre m° Iseppo Follador”
“Int. quello che ha creduto et crede circa il purgatorio”
“Io ho creduto chel non ghe sia, et hora credo chel ghe sia”
“Int. da quanto tempo in qua ha creduto chel non ghe sia“ –“Doppo che m. prè Lunardo me lo disse”
Aggiunge “già 4 anni in circa ritrovandomi un giorno in una camera de m. prè Zuanne da Cassuol à Liedolo, dove eramo tutti do, uno di loro, chel credo fosse prè Zuanne, disse verso l’altro. P. hoho! le pur stato un gran trovato questo purgatorio”
“Int. per che raggione ha credesto che non vi sia purgatorio” – “Perchè lori dicevano, chel non vi era”
Aggiunge “i dicevano ancho, che quello che non si trovava scritto per bocca di Christo, et delli apostoli, non si doveva creder tante cose”.
“Int. se lui creda, ò ha mai creduto, che non si debba creder, se non quello, in che si trova scritto per bocca di Jesu Christo, o delli suoi apostoli” – “Io l’ho creduto dopo che essi preti me lo insegnarono” aggiunge “m. prè Lunardo fu quello, che me lo insegnò puoco innanzi chel morissi”
“Int. ciò chel crede al presente in questa materia” – “Io non so quel che credo, ma crederò tutto quello, che mi

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insegneranno le signorie vostre, et tutto quello che crede la Santa Romana Chiesa”
Gli fu detto “Pur che tu vogli creder veramente et sinceramente quello che crede la Santa Romana Chiesa Catholica, questo Santo Officio non mancherà d’insegnarti”.
Lui disse “Quando le signorie vostre havranno fornito di. . . ?. . . io voglio dir unaltra cosa della Madonna: che non so se l’havete in processo”
E ammonito su quel che dirà“ – “Una volta m. prè Lunardo mi fece vestir la Madonna: et havendola vestita io dissi a m. prè Lunardo le pur una bella imagine questa. E lui disse pohoh! l’è dun zocco. Onde da li indrio, racordandomi sempre di quella parola dicendo le orationi a quella, non ho mai creduto che le mie orationi mi dovessero giovar”.
Aggiunge “Et unaltra volta essendo per andar à vestir ditta Madonna insieme con un prè Iacomin capellan di esso prè Lunardo, che ora sta in Enego dei 7 comuni con un prè Steffano (se ben me riccordo) ritrovai che li sorzi li havevano fatto un niaro de drio, et rosegato il velo: et dicendo in questo a prè Lunardo la sera mentre chel medicava dalle fontanelle che havea nelle gambe, lui mi disse guarda che la se lassa fare il niaro de sorzi, et non si diffende”
E continuò “Mi è sovenuto hora alla mente, che dappoi chel ditto prè Lunardo fu morto, prè Andrea da Zoldo che stava capellano in ditto loco di Mussolente ritrovò un libro scritto de propria man di esso fu prè Lunardo che era di orationi, et da scongiurar la tempesta, et certi fogli da trovar thesori “
“Int. poi chel semo nel raggionar della Madonna, dì el vero, se hai detto qualche altra cosa della imagine della Madonna!“ – “Mi ricordo, che dissi in una bottega, qual credo fosse de Zuanne Guielmin, alla presentia d’alquanti garzotti, che io haveva ritrovato la Madonna che haveva delle telle di ragno nelli occhij, et non sapeva pararsele via” – Al che aggiunge “Se essaminerì m° Iseppo Follador, intenderì de belle cose; perchè lui ghe ne sa tante, quante sapeva anco prè Lunardo; et il cavalier da Asolo m’ha detto in preson, che l’è piu de XXV anni chel lo cognose per heretico” – “Int. sel sa, chel detto m°Iseppo sia stato inquisido per questo Santo Ufficio” – “Mi non lo sà; ma lui m’ha detto (se ben mi riccordo) che altre lui vene in questa città con lettere di raccomandatione; ma lui dice, chel non fu esaminato altramente”
Disse “Non è alcuno, chel sapia meglio le cose del ditto m°Iseppo in questa materia, che Bastian Furlan suo zenero marito di Cecilia sua figlia”
“Int. quello che habbi creduto et credi circa la potestà del summo pontefice; cioè, se sua santità può ordinar, ò far legge non espresse nelle scritture sacre” – “Io ho creduto, che non potesse commandar cosa alcuna, se non quel tanto, che ha detto Christo nel evangelio”.
“Et quanto à l’authorità del papa io ho credesto quello, che m’insegnano detti preti, zoe il fu prè Lunardo, et prè Zuanne; i quali dicevano, che i papi non potevano ligar, nè scioglier: ma che quella authorita de ligar e scioglier del evangelio s’intendeva solamente dell’authorità di San Piero”.

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continuò – “Hora mi soviene, che innanti, che fossemo presi, Momin Cargnato mi ha detto, che il fu prè Lunardo li havea detto, che quando lui predicava, lui predicava Christo mascherato: et diceva una verità e X busie”.
“Int. quello che habbi creduto intorno il magnar carne de i veneri et sabbati, le vigilie, tempori, et quadragesima prohibiti dalla Santa Chiesa Romana et quello chel sente al presente circa questo” – “Io credeva che il magnar indifferentemente la carne ogni giorno, anco di quaresima, et di venere, et di sabbato, non fosse peccato; stante la lezze lutherana”
“Int. che dice questa sua lezze lutherana” – “Me par pur, chel sia un evangelio, che dice: che non quello che intra per la bocca; ma quello che esce, è peccato: ma hora credo quello che crede la Santa Madre Ciesa Romana”
“Int. quello habbi credesto, et creda circa la confessione“ – “Io ho creduto sempre cha la sia bona, et m’ho ancho confessato, eccetto quest’anno, che l’ho adimandata; et m’ha parso de stano di non haverla havuta”
“Int. se crede, et ha creduto, che ne l’hostia consecrata vi sia veramente et realmente il corpo et sangue di nostro Signor Jesu Christo“ – “Io l’ho creduto sempre; vero è che il fu prè Lunardo diceva (per quanto mi ha detto il predetto Momin) che le hostie ha consecrate nel tabernacolo in capo de tanti giorni fanno la muffa, et si guastano; il che non succederebbe quando veramente et realmente in quelle vi fusse il corpo et sangue di Jesu Christo”.
Aggiunge “Domenego Trivisol mi ha anco detto nella bottega de

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Zuanne Guielmin; che Momin non potrà negar di haver detto, che li preti fanno con l’hostia quello che fa la gatta con li sorzi, la qual poi che ha gioccato un pezzo con loro se li mangia (!): et che di questo ha do, o tre testimoni”
Disse inoltre “Ho sentito il fu prè Lunardo à dir, siamo molti sacerdoti, che gioccamo con l’hostia, ò Dio et non disse altro. Ma io la tossi a bòn fine “.
A questo punto dato che stava arrivando la sera e considerato che detto Benedetto non voleva dire la verità fu rimandato al suo posto (carcere) con l’avviso che pensi bene in merito al dire la verità.
E prima d’andarsene disse “Io pensava che la S. V. m’havesse adimandato se quel zugar con l’hostia” e gli fu detto “Se ti ha dimandato principalmente se tu credi, ò hai creduto, che nell’hostia consecrata vi sia veramente et realmente il corpo et sangue del Signor nostro Jesu Christo però rispondi circa questo” – “prima io lo credeva ben, ma di poi, chel Momin ha detto quella cosa del gioccar, come fanno li gatti, io non ho l’ho più creduto“ E disse “Il fu prè Zuanne diceva, che tanti Cristi l’è un solo Christo”.
E così fu dimesso e poi riportato nel carcere precedente, dove vi era m° Iseppo, con il monito di riflettere sulle cause e sul suo essere così ambiguo.
Andandosene disse “Adesso credo ben che ve sia il corpo et sangue di Christo ne l’hostia”.

Di Stefano Zulian

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